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Libia: la diplomazia di “chi uccide i morti e poi li piange al funerale”

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Il leader del movimento politico tunisino Ennahdha vuole assumere un ruolo chiave nella ricostruzione della vicina Libia

Di Nabil Naili. Ray al-Youm (03/02/2017). Traduzione e sintesi a cura di Raffaele Massara.

Rachid Ghannouchi, leader del partito tunisino Ennahdha, starebbe cercando di ricucire i rapporti con la vicina Libia, ritenendo che la riconciliazione del e con il Paese sia essenziale per una rinascita di tutta l’area. L’idea è quella di riunire tutti i movimenti religiosi, i gruppi politici e tribali possibili e di sostenere, militarmente, il generale Haftar, leader de facto di Tripoli.

Ma, a parte qualche applauso o ringraziamento, andrebbe (lui così come tutta la comunità internazionale) tempestato di domande:

  • Solo ora, dopo aver sabotato e aver trasformato la Libia in uno Stato fallito?
  • Solo ora, dopo aver festeggiato in maniera macabra la morte di Gheddafi assieme a quegli uomini armati che chiamavano “rivoluzionari”?
  • Riuscirà il “triumvirato nordafricano” composto dai politici tunisini Ghannouchi, Essebsi e dal presidente a vita algerino Boutefliqa ad organizzare un’agenda comune? Se sì, in che modo interverranno? Forse depredando il Paese ?
  • Come può una coalizione internazionale attuare un qualsivoglia piano muovendosi tra due governi, due parlamenti, più eserciti e milizie, la maggior parte delle quali a piede libero?
  • Il “Professor Ghannouchi”, nei suoi progetti, ha tenuto conto degli interessi dell’Europa e dell’Egitto in quella regione?
  • A proposito di questo, che si è detto sulla Libia nel vertice di Amman, al quale hanno presenziato l’UE e la NATO? Dare armi e risorse ad Haftar?
  • In pratica coloro i quali hanno causato la crisi libica vorrebbero risolverla allo stesso modo?
  • Siamo difronte ad un nuovo colonialismo, americano-europeo-tunisino-algerino?
  • Come si può trattare con gruppi tribali che agiscono al di fuori della diplomazia internazionale?
  • Quale potere, quale banca, sta dietro al rovesciamento di Gheddafi e forse sostiene gli altri governanti dell’area?

Intanto la Libia ed i suoi cittadini sono qui, più vivi che mai; certo, ora si leccano le ferite di una guerra lunga 6 anni, ma non hanno bisogno dell’elemosina e delle lacrime di coccodrillo tunisine, né di quelle americane o della NATO, Stati ed alleanze ai quali i libici non devono più credere perché sono tutti nello stesso maledetto “calderone”!

Nabil Naili è un ricercatore ed analista di origine araba presso l’università di Parigi.

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