Libia Zoom

Libia: il punto della situazione

libia

Di Karim Mezran e Mattia Toaldo. The New York Times (03/04/2015). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.

L’attacco al museo del Bardo che ha avuto luogo lo scorso mese in Tunisia ha messo in luce la minaccia posta dall’ascesa di Daesh (ISIS) in Libia. In questo momento, in Occidente vige ancora un sentimento d’urgenza che spinge a intervenire in Libia prima che la violenza dei gruppi radicali si diffonda altrove, raggiungendo anche l’Europa. A tal proposito, la scorsa settimana, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha rinnovato il suo impegno nella lotta contro la presenza di Daesh in Libia, senza stabilirne, però, le modalità.

Bernardino Leon, l’inviato speciale dell’ONU per la Libia, sta cercando da mesi di mediare tra le maggiori fazioni libiche con l’obiettivo di ottenere sia il cessate il fuoco, sia un governo di unità nazionale. Se questo accadesse, la formazione parlamentare libica, che è riconosciuta a livello internazionale, si trasferirebbe a Tobruk, dominata dagli anti-islamisti, insieme all’Alba Libica, alle milizie di Misurata e altri gruppi armati minori.

Mentre i negoziati proseguono, seppur lentamente, l’escalation della violenza, però, continua inesorabile. Infatti, il governo di Tobruk, con l’aiuto dell’Egitto e degli Emirati Arabi, ha dichiarato guerra al terrorismo islamico e a Daesh, ma ogni tentativo del generale Haftar, fedele a Tobruk, di guadagnare terreno è fallito. L’Alba Libica, da parte sua, vuole impedire il ritorno al potere degli elementi appartenenti al regime di Gheddafi.

L’Europa e l’America hanno bisogno di una nuova strategia, poiché non possono ottenere nessun risultato se si oppongono all’Egitto e gli Emirati Arabi. Tuttavia,  permettere a questi due importanti attori regionali prendano le redini del conflitto libico non produrrà alcun effetto di breve termine. La soluzione deve combinare politica ed essere raggiunta attraverso un limitato uso della forza e accordi formali e informali che esercitino pressione su tutte le parti.

Per esempio, gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbero mettere in chiaro che l’embargo militare non sarà sospeso finché tutte le fazioni libiche non uniranno le proprie forze per eradicare la minaccia esistenziale che Daesh pone sullo Stato libico e su tutti i suoi attori politici. Infatti, è stato proprio questo fattore che ha permesso, il mese scorso, di far riunire tutte le parti per i negoziati di pace.

In aggiunta a ciò, un patto di non aggressione tra le varie fazioni favorirebbe un migliore concerto politico, a cui potrebbe fare seguito un secondo coinvolgimento internazionale, permettendo, per esempio, alle forze delle Nazioni Uniti di compiere missioni di peace-keeping. In questo modo, il terrorismo e l’instabilità potrebbero diventare delle questioni più facili da risolvere, potenziando, al contempo, la capacità investigativa e il sistema giudiziario.

Per concludere, se l’Europa e l’America non cambieranno presto il loro approccio, l’Occidente potrebbe inconsapevolmente prendere le parti del governo di Tobruk. Così facendo, si avvierebbe un circolo vizioso caratterizzato dall’eccessivo intervento militare, dalla radicalizzazione e dalla destabilizzazione regionale. E un risultato del genere sarebbe una minaccia ancora più pericolosa.

Karim Mezran è un membro anziano per l’Atlantic Council.

Mattia Toaldo è membro dell’European Council on Foreign Relations.

Vai all’originale

 

Tags