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Libia: la guerra che nessuno può vincere

Di Jason Pack e Rhiannon Smith. Al-Jazeera (19/10/2014). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

Mentre l’attenzione del mondo è stata rivolta ai terribili sviluppi in Siria e in Iraq, la Libia ha pacatamente rispecchiato la trasformazione del Levante in un campo di battaglia per procura. Tra i due governi rivali del Paese è in corso un tiro alla fune per il controllo delle istituzioni chiave, della supremazia militare e della legittimità.

La maggior parte dei Paesi riconosce la Camera dei Rappresentanti insediata Tobruk come il legittimo legislatore della Libia, in realtà questa è sempre più marginalizzata. Contemporaneamente il sostegno interno si sta spostando verso Operazione Alba, un’alleanza di Misurata che controlla Tripoli ed è stata capace di amministrarla con semi-competenza.

Questa dinamica si riflette nel cambiamento apportato dalla comunità internazionale alla strategia riguardante i colloqui di pace. Mentre alla conferenza di Madrid erano invitati solo i membri della Camera dei Rappresentati basata a Tobruk, ai colloqui di Ghadames gli inviti sono stati estesi anche i sostenitori di Operazione Alba.

Sebbene tutte le parti siano colpevoli di adottare posizioni intransigenti, ora è riconosciuta la potenziale importanza di questi sforzi di mediazione. Di conseguenza, gli ultimi sviluppi in Libia possono essere intesi come tentativi da parte delle fazioni rivali di stabilire fatti sul terreno che potranno poi essere barattati per una posizione più forte nei negoziati futuri.

Ad oggi, nessuna delle fazioni libiche è abbastanza forte per governare l’intero Paese e sembra improbabile che si siano illuse di poter assestare il colpo di grazia. La Camera dei Rappresentanti e il governo di Abdallah al-Theni sono allineati con il campo anti-islamista, guidato dal generale Khalifa Haftar che sta conducendo l’Operazione Dignità, una campagna contro le milizie islamiste incentrate su Bengasi. Ad ovest, invece, le forze Zintan hanno provato a riconquistare Kikla, a sua volta presa da Operazione Alba che negli ultimi mesi ha sopraffatto gli avversari.

A dispetto della retorica di Haftar, questa cordata anti-islamista non equivale alla convinzione di poter sconfiggere militarmente gli islamisti. Si tratta, piuttosto, di una mossa volta a rafforzare la propria posizione prima di entrare nei negoziati di pace o prima che Haftar lasci il posto ad attori più istituzionali. Nella capitale, i membri filo-islamisti dell’ex parlamento, il Congresso Generale Nazionale, e il governo di Salvezza Nazionale di Omar al-Hassi sono sostenuti dalle milizie Alba. Questo campo ha indubbiamente il vantaggio militare, ma necessita di una maggiore legittimazione politica per rafforzare la sua posizione.

Questa battaglia per la legittimità e per il potere si gioca all’interno delle due istituzioni più influenti della Libia: la Banca centrale e la National Oil Corporation (NOC). A settembre la Camera dei Rappresentanti ha votato per il licenziamento di Sadiq al-Kabir dalla sua posizione di governatore della Banca centrale, tuttavia Kabir sembra essere ancora in carica. Attraverso di lui, il governo filo-islamista detiene un certo controllo sulle finanze della Libia. Nel frattempo, il ministro del Petrolio di Hassi, Mashallah al-Zwey, ha fisicamente occupato la sede della NOC a Tripoli ed ha assunto il controllo del sito web della compagnia petrolifera.

Le recenti mosse militari rivelano che nessuna delle due parti può vincere le battaglie che stanno combattendo in Libia, ma entrambe possono trarre vantaggio politico dalle manovre militari, posto che siano capaci di trasformarle in una strategia di successo al tavolo dei negoziati.

Jason Pack è storico del Medio Oriente all’Università di Cambridge e autore principale del volume “Libya’s Faustian Bargains: Breaking the Appeasement Cycle” ed è presidente di Libia-Analysis.com

Rhiannon Smith è ricercatrice presso l’Open University del Regno Unito e si occupa di sviluppo internazionale. Ha lavorato a lungo in Libia sui temi dello sviluppo post-conflitto, recentemente per l’organizzazione italiana “No Peace Without Justice”.

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