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Libia: i blocchi di potere si stanno frantumando

Libia

Di Jason Pack. Al-Jazeera (13/02/2015). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti

Di solito devono sussistere tre condizioni per fermare con successo un conflitto: la presenza di parti belligeranti, rappresentate ai negoziati da leader riconosciuti, che abbiano sufficiente potere per applicare tutti i termini di pace convenuti. Malgrado gli eroici sforzi dei mediatori internazionali e la loro coraggiosa fiducia, l’attuale guerra civile libica manca di tutti i tre requisiti per una soluzione mediata. A differenza delle proteste anti Gheddafi del 2011, ora si stanno combattendo blocchi disgiunti, piuttosto di distinte fazioni.

In aggiunta a ciò, il potere si è così frammentato che non è possibile identificare chi detiene la vera autorità. Le tribù, i consigli locali, i parlamentari rivali: tutti hanno una certa influenza, ma hanno anche poca libertà d’azione. A dir la verità, sono i gruppi armati a determinare gli equilibri di potere, anche se non ci sono strutture di comando o di controllo che, inequivocabilmente, gestiscano tra le relazioni delle varie milizie. Perciò, speculare su quale gruppo armato possa imporre la propria volontà è incredibilmente difficile, senza contare che le gerarchie di potere della Libia continuano a mutare.

La soluzione del conflitto potrebbe essere favorire la creazione di una coalizione anti-estremismo composta di forze moderate. È questo, infatti, l’obiettivo dei negoziati di pace che sono in corso. Non soltanto questo blocco si sta progressivamente allargando, ma ha già messo in crisi le alleanze che prima tenevano insieme i due gruppi maggiori, cioè le ali militari di Fajr Libia di Misurata e quelle dell’operazione Dignità, sostenute dall’Occidente e dall’Egitto.

Per quanto riguarda la prima, ci sono i leader civili in favore del dialogo, mentre i comandati militari e i jihadisti stanno cercando di far deragliare questa possibilità. Inoltre, l’attacco al Corinthia Holel, provocato da un gruppo affiliato a Daish (ISIS), potrebbe portare a nuove azioni terroristiche e, forse, a una guerra intestina tra gli islamisti. È possibile trovare le medesime divisioni anche nella fazione Dignità, dove la maggior parte dei parlamentari è dell’idea di promuovere il dialogo, al contrario del Generale Haftar e delle milizie federaliste.

Questo significa che non soltanto queste due forze si stanno combattendo tra di loro, ma che sono oggetto di un processo di polarizzazione interna per la lotta di potere. Nelle prossime settimane, in definitiva, si potrebbe assistere a un aumento di potere delle forze centrifughe e a una corrispettiva diminuzione di potenziale efficacia dei negoziati. Nel frattempo, nuovi attori regionali, locali e milizie potrebbero emergere e acuire il caos: la Libia, per ora, “ha troppi capi e nessun soldato”.

Jason Pack è uno storico specializzato in Medio Oriente dell’Università di Cambridge, autore dell’opera “Libya’s Faustian Bargains: Breaking the Appeasemente Cycle” e presidente di Libya-Analysis.com

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