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Il Libano e il razzismo contro i siriani

Di Nael Hariri. As-Safir (10/09/2014). Traduzione e sintesi di Giusi Forrisi.

Gli episodi di razzismo contro i siriani in Libano sono aumentati particolarmente in quest’ultimo periodo, in seguito agli scontri avvenuti tra l’ISIS e il Fronte al-Nusra, da un lato, e l’esercito libanese, dall’altro. L’attuale presenza civile siriana riporta alla mente la presenza dell’esercito siriano del passato e, nonostante le differenze tra i due episodi, questi appaiono ancora, agli occhi di molti, come due facce della stessa medaglia.

Ciò che sorprende è che i gruppi civili siriani in Libano, ovvero una decina di grandi e piccole imprese, finanziate dai contribuenti nei vari Paesi arabi ed europei, sembrano inesistenti. Ad oggi, non abbiamo sentito altro che parole di denuncia e rifiuto nei confronti del razzismo e l’invito ad “aprire la nostra mente” e tornare alla “nostra storia comune”.

Di fronte al nichilismo delle istituzioni civili siriane è necessario fare due considerazioni. La prima è che il Libano in quanto Stato non è stato in grado, e non lo sarà in futuro, di farsi carico di questo ulteriore peso. La seconda considerazione è che una parte considerevole dei siriani non ha fiducia nello Stato libanese; tuttavia la cosa peggiore è che sono persino le stesse istituzioni civili a non fidarsi.

Tralasciando la creazione di scuole e gli aiuti alimentari forniti da queste istituzioni, la cosa più importante e utile sarebbe creare in Libano un centro di protezione civile siriano, che condivida le responsabilità con lo Stato e si faccia carico delle questioni giuridiche e interne. Le istituzioni civili siriane devono bussare alla porta dello stato libanese e presentarsi come un vero e proprio mediatore, proteggendo il popolo siriano e libanese dal razzismo reciproco.

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