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Leader egiziano alla Casa Bianca per la prima volta dopo il 2011

Sisi Egitto presidente egiziano
Dal blog Egitto in movimento di Ludovica Brignola

Primo leader egiziano in visita alla Casa Bianca dopo la primavera araba del gennaio del 2011, Abdel Fattah al-Sisi  è stato un ospite gradito oltre che strategico per il nuovo presidente americano lunedì scorso. Se era stato definito ‘persona non grata’ dall’amministrazione di Obama, non molto incline ad accettare i metodi anti-democratici del capo di Stato egiziano, quella di Trump avrebbe invece diversi punti in comune con quella egiziana di Sisi.

Come ha sottolineato Ha Hellyer, analista della think-tank londinese Royal United Services Institute, a costituire una somiglianza tra i due governi sarebbe l’importanza primaria della sicurezza e della difesa dei i propri Stati. Poi, l’amore per lo sfarzo e per le parate militari durante il giorno dell’insediamento. Ed infine, i due leader avrebbero compiuto una simile scalata al potere, visto che entrambi sono approdati ai vertici del governo senza provenire dagli ambienti di élite politica, ma godendo del supporto di un populismo agguerrito privo di una chiara ideologia.

È sembrata dunque una opportunità di riconciliazione, quella di settimana scorsa, con il Paese più popoloso del Medio Oriente, oltre che storico alleato degli Stati Uniti, dai tempi del presidente Sadat fino alla fine del governo Mubarak.

Una scelta, quella dell’attuale presidente americano, in contrasto con quella di Barack Obama, che dall’ascesa di Sisi in poi aveva ridotto gli aiuti economici annuali verso il Paese dei faraoni a 1,3 miliardi di dollari oltre che vietato la vendita di armi e jet da guerra. Come ha affermato Trump, “Sisi è un grande amico e un grande alleato, ha svolto un lavoro fantastico, dalla sua ascesa nel 2013 fino ad oggi e pertanto gli Stati Uniti sono pienamente dalla sua parte”.

Dal canto suo, Sisi ha chiesto più rispetto, più soldi – fino a 1,3 miliardi in più all’anno – e più armi, oltre che un sostegno da parte degli Stati Uniti nell’etichettare ufficialmente come terrorista il partito d’opposizione dei Fratelli Musulmani. Trump ha promesso che manterrà un livello “forte e sufficiente” di aiuti, ma è rimasto neutrale alla richiesta di delegittimazione dei Fratelli Musulmani.

Nessun commento inoltre sugli arresti politici, che sono stati 40.000 secondo le stime dei gruppi umanitari dal 2013 in poi, sulle 500 sparizioni forzate degli ultimi dodici mesi e sulle 538 condanne a morte pronunciate nel 2015.