Di Samir Atallah. Asharq al-Awsat (16/07/2017), Traduzione e sintesi di Flaminia Munafò.
Quando Omar Sharif è scomparso due anni fa, nel luglio del 2015, ci si aspettava che le testate giornalistiche lo salutassero come dovuto: personalmente ho scelto la sezione di critica per parlare di questa stella universale non secondo il principio del bastian contrario – che non è il mio stile – ma semmai perché credo che l’aspetto più triste sull’attore egiziano più famoso al mondo non riguardi la sua scomparsa, bensì gran parte della sua vita.
Sono stato già stato criticato per posta e sui social, e la cosa più probabile è che questi commenti venissero da fan che non hanno avuto l’opportunità di conoscere Omar Sharif in vita così da vicino; io l’ho conosciuto solo per via passeggera, grazie ad un businessman arabo che era suo amico, sebbene lo avessi già incontrato in diverse occasioni ed eventi: negli anni ’70 e ’80, infatti, Parigi era letteralmente inondata di arabi per via della guerra civile a Beirut e l’isolamento del Cairo, e Omar faceva parte della nuova generazione che viveva nel suo “habitat naturale”.
Pochi hanno avuto la fortuna di Omar nella storia del grande schermo: spesso gli attori si impegnavano per anni prima di ottenere un ruolo da protagonista passando molto tempo nelle scuole di recitazione per imparare quest’arte. Omar, invece, nel suo primo film egiziano ebbe la possibilità di esibirsi di fronte alla signora del grande schermo, Faten Hamama. Insieme a Peter O’Toole recitò in “Lawrence d’Arabia”, il film diretto dal leggendario David Lean, interpretando il ruolo di Sharif Aly, e da lì in poi iniziò il cammino verso un’ascesa che nessun attore arabo aveva mai avuto la possibilità di raggiungere prima. Interpretò ruoli da protagonista in altri film di successo, pensiamo al caso di “Il dottor Zivago” tratto dal romanzo russo di Boris Pasternak, premio Nobel per la Letteratura: ad Omar vennero assegnati diversi ruoli, dal russo al jugoslavo, dal tedesco al francese, e che interpretò senza esitazione. File di persone in tutto il mondo rimasero in piedi davanti alle entrate dei cinema pur di vederlo.
Conteso fra le stelle dell’America e dell’Europa, abbandonò il suo primo amore Faten e dimenticò l’Egitto, di cui forse si vergognava, non senza provare senso di colpa verso questo Paese e questa donna; tutto ciò nel suo mondo e in quello del cinema era usuale, eppure, la grande fortuna che ebbe sullo schermo non fu altrettanto presente nella sua vita personale: Omar divenne vittima del gioco d’azzardo e la sua vita si ridusse al casinò e alle scommesse ippiche. A causa delle sue perdite iniziò ad accettare qualsiasi ruolo o film gli venisse proposto, di cui molti di pessima categoria. Omar perse tristemente il suo splendore al punto da essere conosciuto solo come giocatore che muove a compassione e che vive in un hotel estraneo alla vita sociale e familiare.
Nei suoi ultimi anni di vita il vecchio uomo stanco tornò in Egitto rimpiangendo i ricordi del passato e la compagnia di alcuni amici.
Addio Omar.
Samir Atallah è uno scrittore e giornalista libanese.
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