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Le parole usate nel Corano che riconoscono il potere della penna

Di Larbi Sadiki. AlJazeera (12/01/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

In copertina un tributo dell’artista siriano Mwafaq Katt a Charlie Hebdo con la scritta “Il terrorismo non ha religione” 

*per la resa in italiano dei versetti coranici si è scelta la traduzione di Gabriele Mandel, ed. UTET

I musulmani hanno tradizioni che valorizzano il potere della penna. L’islam fu rivelato per salvare la gente dal bagno di sangue e dall’abuso della spada. Questa è la parafrasi di una battuta nella pièce “Richelieu” (1839) di Edward Bulwer-Lytton. Si crede che l’origine di questo adagio sia da ascriversi alla saggezza assira, come l’origine di sistemi di valori e morali del Medio Oriente.

Tuttavia, i sistemi morali, intellettuali ed etici della regione – compresi quelli frutto del dialogo con le idee elleniche nei primi tre secoli dell’islam – sono stati tutti soggetti a interpretazioni oscurantiste e letterali della rivelazione. Il primo ‘comando’ nell’Islam rivolto al profeta Muhammad fu quello di “recitare, leggere”: “Leggi nel nome del tuo Signore”.

La prima istruzione, dunque, non fu quella di uccidere, lottare o combattere (tutte misure difensive per respingere gli aggressori di fede, territorio, intelletto, dignità, progenie e proprietà). La Sura 68 del Corano si intitola “Al-Qalam” (Il calamo, cioè la penna) e si apre con questo versetto: “Per il calamo e per ciò che essi scrivono!”.

Nella Sura 96 del Corano si trova un altro riferimento all’alto valore conferito al potere della penna: “[Il tuo Signore] ha istruito tramite il calamo e ha insegnato all’essere umano ciò che ignorava”. Leggere e scrivere appartiene al “gene” delle attività interdisciplinari su cui l’islam insiste più volte. Leggere, scrivere e ragionare sono tutte parti e rami del modo di vivere su cui si basa l’islam. Nella Sura 55 troviamo “Il Misericordioso ha insegnato il Corano. Egli ha creato l’uomo; gli ha insegnato ad esprimersi”.

L’etica didattica di numerose ingiunzioni coraniche della penna, della conoscenza e del ragionamento, sembra oggi persa nel cumulo di ignoranza ed oscurantismo che sta consumando molti. Religiosi sottoscrivono il potere politico a spese della libertà di parola e di una interpretazione razionale del Corano che sottragga i musulmani dal giogo dell’oppressione che ne sta consumando la gioventù e che perori la causa della giustizia sociale, della libertà di pensiero e della tolleranza.

“Corano” è la parola per “recitare” (nel senso di lettura). Ai musulmani che a sangue freddo hanno ucciso i giornalisti ed i vignettisti francesi, supponendo di “vendicare il profeta”, è sfuggito il punto circa i modi del profeta stesso. Ciò include le ingiunzioni che “Certo, questo Corano guida [gli esseri umani] verso ciò che c’è di più retto” (Sura 17) e “Chiunque ucciderà una persona non colpevole d’assassinio o di una corruzione sulla terra, è come se avesse ucciso tutta l’umanità” (Sura 5).

La satira, la critica, le vignette non potranno mai essere in grado di ridicolizzare la grande statura del profeta né diminuire la sacralità del Corano per i musulmani e per miliardi di esseri umani tolleranti che condividono Paesi, ideologie ed amicizie con centinaia di milioni di musulmani. La denigrazione deriva dalla barbarie di feroci violenze e da modi manichei in cui molti auto-professatisi eruditi di islam o politici egoisti stanno spingendo – consapevolmente e non – giovani musulmani fiduciosi ed intere nazioni verso l’abisso.

L’omicidio di innocenti a Parigi ha infiammato la mutua fiducia e ha posto i musulmani in una infausta condizione. Questo per i folli atti di qualcuno la cui visione dell’islam è fissata sulla “spada” ed ha poco a che vedere col potere della “penna” che nel tempo i luminari musulmani hanno usato per connettersi agli altri e diffondere conoscenza – non per seminare morte.

Larbi Sadiki è uno scrittore tunisino specialista di democratizzazione araba, rivoluzione e transizioni.

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