Daesh Medio Oriente Zoom

Le “meraviglie” del Medio Oriente

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Di Abdel Monem Said. As-Safir (27/07/2016). Traduzione e sintesi di Emanuele Uboldi.

Gli attentati terroristici a Nizza e Bruxelles sono una questione europea? Oppure l’esistenza di quartieri arabi ha prodotto un numero indefinito di terroristi – il che porta all’estensione del Medio Oriente? Oppure ancora sono il risultato del comportamento europeo con gli stranieri – e con gli arabi in particolare? Il tentato colpo di stato in Turchia ha a che fare con le vicende mediorientali o è legato alla relazione tra NATO e Turchia?

Che molte questioni siano interconnesse non è certo una novità, ma forse la novità è data dal reagente dei media, che diffondono il clamore e rendono oneroso ai successori gestirne ciò che ne segue. La fine di Daesh (ISIS) è possibile, ma ora tocchiamo con mano come la sua ideologia (definita Daeshiya dall’autore, n.d.t.) continuerà ad esistere fintanto che l’idea farà breccia e germoglierà nella mente dei giovani musulmani. Questo vale sia per quanti vivono tra la propria gente, sia per coloro che vivono ai margini di quegli Stati che sono arrivati a odiare i musulmani e che nel proprio estraniamento non riescono né a redimersi né a gestire l’esistenza. In entrambi i casi, l’arena del combattimento si estende.

Il tentato colpo di Stato in Turchia ha scosso il mondo e tutto ciò che conoscevamo è mutato, oltre a confermare una nuova tribolazione che si aggiunge ad altre disgrazie, in una regione attraversata da terremoti e uragani. La ghigliottina si è abbattuta dopo il golpe, facendo uscire la Turchia dal “circolo della fiducia”, in un momento in cui è diventato imprescindibile essere uno Stato compatto. Alla fine stupisce, perché la Turchia è scampata a un putsch ma è sotto un altro tipo di colpo di Stato, probabilmente significativo e che potrebbe cambiare repentinamente il modello della Turchia degli ultimi anni.

Il cammino che percorre il Medio Oriente si è fatto tortuoso: essenzialmente, si fonda sulla resistenza al terrorismo, che prende forma nella distruzione di Daesh; a questo si affianca il tentativo al ritorno dello Stato in Siria, Libia, Yemen e Iraq attraverso operazioni politiche e diplomatiche, dove non vige il divieto del ricorso alla forza militare. È arrivato il tempo propizio per avviarsi verso la creazione di una coerenza regionale che ruoti attorno a una sola manifestazione pratica: una nuova stabilità dopo anni di Primavere che finiscono in bufere e rivoluzioni che celebrano stati falliti. Però manca un piano, una strategia o un disegno per la sicurezza regionale, e che non serva solo a fasciare le ferite, bensì che porti la speranza di un futuro più splendente.

Aspettiamo forse che questa strategia ci venga consegnata? In tal caso, non piangete un’altra volta su un nuovo accordo Sykes-Picot.

Abdel Monem Said è amministratore delegato del quotidiano egiziano Al-Masry al-Youm, nonché amministratore delegato e direttore del Centro Regionale di Studi Strategici del Cairo.

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