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Le manifestazioni in Algeria e la nascita di un nuova consapevolezza

bouteflika

Di Malik Wanous. Al-Arabi al-Jadid (11/03/2019). Traduzione e sintesi di Cristina Tardolini.
Alcune settimane fa, un certo numero di studenti e altri giovani sono scesi nelle strade della capitale Algeri e in altre città per respingere la quinta candidatura del presidente Abdelaziz Bouteflika (colpito da ictus invalidante nel 2014). Le proteste, iniziate il 22 febbraio, hanno ad un certo punto visto lo schieramento dell’esercito algerino accanto ai manifestanti contro la candidatura di un presidente ormai in capace di parlare con il suo popolo.
Questa nuova consapevolezza del popolo algerino è la condizione necessaria per raggiungere la libertà e la giustizia desiderate per le masse. Corruzione, repressione e limitazione della libertà di espressione sono solo alcuni dei crimini commessi verso il paese negli ultimi anni. Le masse di manifestanti hanno rotto il muro della paura e del silenzio dicendo no a questa ennesima nomina, riflesso della rabbia che prevale.
L’emergere delle dimostrazioni pacifiche con un numero così grande di partecipanti, accresce la capacità delle masse di continuare a fare la differenza, a ricordo delle Primavere Arabe del 2011.
Il popolo si aspettava che i leader del regime volessero riassegnare a Bouteflika la carica di presidente: ma la gioventù algerina, che è stata la colonna portante delle proteste iniziate il 22 febbraio, ha aperto gli occhi e ha trovato la disoccupazione ad attenderla, in un’economia ormai sull’orlo del collasso e della corruzione che sta paralizzando il paese.
I giovani sono emarginati e privati ​​della speranza di una vita dignitosa nel loro paese, sebbene ricco di risorse. Le ondate di immigrazione di massa verso l’Europa attraverso i barconi della morte sono un modo per ottenere una possibilità di vivere lontano dalla miseria, dopo essere stati sopraffatti dalla disperazione cronica e dalla frustrazione. Ondate migratorie che non sono più limitate ai giovani, ma a tutte le fasce d’età.
Tuttavia, il vero nemico è la cricca di potere che governa in nome di Bouteflika, e di cui il presidente stesso ne è il paravento: le proteste confermano che esse stesse non sono dirette al presidente di per sè, ma verso un sistema di potere che gestisce il paese secondo il principio delle quote.
L’Algeria avrà ciò che davvero merita solo se i leader del regime risponderanno ai manifestanti e soddisferanno le loro richieste di cambiamento, chiunque sia il prossimo presidente. Rimanere fermi sulle proprie posizioni e rispondere alle dimostrazioni con le armi, può indirizzare il paese solo verso un futuro incerto.
Questo è il dilemma che il regime e l’opposizione si trovano ad affrontare, poiché al momento non sono in grado di guidare il movimento di protesta, come invece hanno fatto le forze politiche in Sudan.
Se non c’è una reale opposizione e una forma di azione collettiva, prevarranno frammentazione e mancanza di serietà causata dall’assenza della vita politica e dalla censura dei media.

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