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Lavori in corso per il referendum a Istanbul

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Con il referendum ormai alle porte, la città sul Bosforo è teatro di una campagna che mostra forti disequilibri fra gli attori in campo, per l’imponente dispiegamento di forze di Erdogan e del suo partito

Di Bassem Dabbagh. Al-Arabi al-Jadeed (11/04/2017). Traduzione e sintesi di Federica Pretto.

Proseguono in diversi angoli della Turchia le campagne per il referendum del 16 aprile, che deciderà sul passaggio da un sistema parlamentare ad un sistema presidenziale. Mentre il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), al governo, e il “Movimento nazionalista”, espressione della destra nazionalista radicale, conducono un’ampia campagna per spingere i cittadini turchi a votare a favore delle modifiche, la campagna dell’opposizione, composta dal Partito Popolare Repubblicano (kemalisti) e dal Partito Democratico dei Popoli (l’ala politica del Partito dei Lavoratori del Kurdistan), alleati ad altri piccoli partiti di sinistra, sembra invece molto debole, almeno ad Istanbul.

Non sono ancora stati pubblicati nuovi sondaggi sulle tendenze di voto dei turchi e la loro posizione rispetto a queste modifiche, soprattutto dopo la grave crisi diplomatica scoppiata tra la Turchia e diversi Paesi europei. Nonostante gli ultimi sondaggi mostrassero una grande percentuale di indecisi, la bilancia pende ora in favore dei sostenitori delle modifiche costituzionali che permetterebbero, per la prima volta nella storia della Repubblica turca, la trasformazione del sistema parlamentare in un sistema presidenziale, che assegnerà al ruolo del capo dello Stato ampi spazi di manovra nei diversi settori del potere.

Ad Istanbul, se le azioni dell’opposizione sono di dimensioni ridotte e disperse nel territorio, la campagna dell’AKP sembra tra tutte la più imponente, e non c’è angolo della città dove non si trovi un cartellone o un poster con l’immagine di Erdogan e del primo ministro Binali Yıldırım.

Basta una sola visita ad uno dei gazebo della campagna del partito al governo per ricevere un sacco pieno di volantini propagandistici che spiegano nei dettagli le modifiche costituzionali, mentre i numerosi circoli elettorali espongono titoli di giornale sui periodi d’instabilità e di crisi che avrebbero rappresentato i governi di coalizione, per affermare ciò che è considerato come uno dei più importanti obiettivi della trasformazione in sistema presidenziale: “la realizzazione della stabilità politica, della stabilità economica e del flusso degli investimenti”.

La campagna del partito di Erdogan si basa, infatti, su una serie di slogan centrati sulla resistenza al tentato di colpo di Stato dell’estate scorsa; la frase “La parola e la decisione appartengono alla Nazione” accompagna tutti i manifesti del presidente. Il Movimento Nazionalista, come d’abitudine, costruisce i suoi slogan sull’idea di salvaguardia della Repubblica e del nazionalismo turco, considerando che “il partito si figura solo in seno ad una continuità della Repubblica, sempre minacciata dai separatisti curdi o da complotti esterni”. Da qui lo slogan “Un Sì per la Nazione, per lo Stato, per la Repubblica, per la sopravvivenza del nazionalismo turco, per la Turchia eterna”.

Mentre la campagna dell’AKP si svolge sotto il segno dell’ottimismo, diffondendo speranze e promettendo che le modifiche costituzionali salveranno la Turchia da tutti i suoi cronici problemi, la campagna del Partito Popolare Repubblicano usa slogan come “Per il mio futuro No”, nel tentativo di allontanarsi da una personalizzazione del rifiuto di Erdogan, puntando invece su un avvertimento agli elettori del pericolo, in caso di vittoria del sì, della trasformazione della Turchia in uno stato monopartitico, in un regime personale e con un parlamento marginalizzato.

Bassem Dabbagh è un giornalista esperto di Turchia.

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