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L’assenza di un progetto arabo di fronte a Israele

mondo arabo
Sin dai tempi della visita di Saadat ad una Gerusalemme occupata, il mondo arabo non si è rapportato in maniera unitaria con Israele, ma ogni stato ha adottato le sue politiche

Di Mohammed Abdelhakim Diab. Al-Quds al-arabi (19-11-2016). Traduzione e sintesi a cura di Raffaele Massara.

Secondo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, le cause del conflitto in Medio Oriente sono da ricercarsi nel fatto che il popolo palestinese, in un modo o in un altro, vuole annientare Israele. Ha, anzi, invitato molti Stati arabi a non considerare gli insediamenti sionisti come dei nemici, bensì come nuovi alleati nella lotta al terrorismo “con a capo Iran e ISIS”.

La verità è che negli ultimi anni sono cambiate molte ideologie, molti governi, molti eserciti e rapporti di forze tra gli Stati arabi, e nel frattempo il fenomeno degli insediamenti non ha ricevuto la dovuta importanza. Attualmente infatti, non esiste una risposta “araba” alla questione, ma solo un arrampicarsi sugli specchi, per non infastidire gli occupanti protetti dalle petromonarchie del Golfo, chiudendo un occhio (eccezion fatta per la Palestina) a questo continuo scempio.

Non è molto diverso dal vecchio colonialismo francese o britannico in Asia ed Africa, solo che ex-colonie come India e Cina hanno saputo rialzarsi e divenire paesi sviluppati in tutti i settori: industria, agricoltura, tecnologie. Questi paesi devono essere da esempio per far partire il riscatto del mondo arabo.

E la  rivalsa non si ottiene alzando la voce, con l’inganno, con l’astuzia, bensì con un patto tra governo, cittadini e società: è questo ciò che manca agli arabi, ciò che l’attuale classe politica non sa realizzare, al fine di proteggersi dalle aggressioni sioniste, ormai giunte nella loro ultima e più palese fase. Non si ottiene con l’attuale modello economico, speculativo, parassitario, che fa gl’interessi di pochi (degli occupanti stessi!), senza alcuna regolamentazione da parte dei governi, impoverendo la classe media e aumentando sempre di più il divario tra ricchi e poveri.

Il riscatto deve nascere in un ambiente libero dalla corruzione e dall’esclusione sociale, in cui il governo ascolta i cittadini e non li etichetta come “cattivi” solo per aver obbiettato le sue scelte. Ciò è ottenibile solamente con la cultura, l’educazione, la pazienza e l’esperienza. Superare il narcisismo e l’egoismo. Rallentare, perché i ritmi attuali sono insostenibili.

Mohammed Abdelhakim Diab è uno scrittore egiziano.

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