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L’amore nelle vostre parole arabe del 2013 (arabaco)

L'amore nel campo -dell'artista siro-palestinese Ayham Hamada

Un anno fa ho ricevuto una mail piena di idee e vitalità creativa: nell’oggetto c’era una radice araba, hawaa, che nel verbo hawiya diventa amare, innamorarsi, e nel corpo del messaggio parole che le dedicavano la più bella lode. Me l’ha mandata Silvia Di Cesare e diceva: “[Questa radice] riesce a unire in essa la fantasia, l’abisso, la morte, il collasso, la passione e l’amore, come a conclusione del tutto. L’innamoramento, l’amore e la morte in una sola radice”. Impossibile non sentirsi trascinare in un mondo di significati. Come affrontare una radice simile, senza coinvolgere gli altri? Proprio questa fu la mia risposta: non mi sentivo in grado di descrivere una radice tanto significativa senza dare spazio a più voci, e così aspettavo l’occasione per formare questo coro semantico.

Mi si è presentata ora, con le vostre parole arabe del 2013. E vi dirò di più: la tendenza di scegliere per il vostro #arabaco parole arabe legate all’amore (con tutto il suo spettro di valori, come vedremo), non è stata solo degli italiani, ma anche degli amici egiziani che hanno partecipato grazie all’aiuto del vignettista Tarek Gafawy (ce l’ha presentato Enrica Schivardi nel suo bel post). Cercavo una chiave di lettura per il vostro #arabaco e l’ho trovata in una radice che comprende in sè il bianco e il nero, il lato gioioso ed il lato oscuro: proprio come le parole arabe che ci avete donato per il 2013, di cui vi ringrazio davvero tanto.

Chanting Chaos, dell'artista egiziano Malak El-Shazly
Chanting Chaos, dell’artista egiziano Malak El-Shazly

L’amore per la comunità: Sono molte le parole che possono assumere un valore sociale e mi ha fatto molto piacere riceverne così tante. La comunità, jama’a (parola inviata da Chiara) si declina da thawra, rivoluzione (Monica, Ibrahim, Ahmed) passando per nashitun, attivisti (Walid) e giungendo a hurriya (Viviana, Monica) che non a caso è stata scelta anche in una forma plurale con ahrar, liberi (Ali). Tra sabr, pazienza (Sharif e Lucia) ed amal, speranza (Luca), ci si interroga sul mustaqbal, futuro (Viviana) e si auspica una ru’ia, visione, lungimiranza (Emanuela). Sarà frutto di una sudfa, caso, coincidenza (Nahla) o ci sarà qualcosa di maktoub, scritto – anche nel senso del destino – (Roberta)? Di contro al kollo mushkila, ogni problema (Eugenio)  qualcuno esclama kollo tamam, miya miya, tutto bene, al 100% (Pam) e Chiara sceglie kulshi “tutto” in marocchino “perché mi piacciono le parole che accorciano i significati (da kullu shay)”, spiega. Una parola prova ad incoraggiarci: tahawwul, trasformazione (Annamaria). Sento di inserire in questa categoria anche irhal!, vattene! (Luca ed Enrica) gridato tante volte nelle manifestazioni contro i regimi arabi, da parte di uno sha’ab, popolo (Lorenzo Trombetta per SiriaLibano) parola che come ci spiega lui stesso “molti continuano a usare a sproposito sentendosi rappresentanti di un’entità spesso non definita”. Cito qui anche una parola dolorosa come ghurba, esilio (Elisabetta, Mohamed) solo per farla stare vicino a ‘awda, il ritorno nella terra di Palestina (Clara).

Holy Heart, dell'artista egiziano Mina Nasr
Holy Heart, dell’artista egiziano Mina Nasr

L’amore ed il suo lato oscuro: Molte parole hanno a che fare con un lato qasi, duro, grave (Nordin) che il verbo hawiya come ci spiegava Silvia mette perfettamente in luce. Dal nahs, sfortuna, (Rabii) al khabil al-amal, delusione (Silvia) si prova huzn, tristezza (Saso) e hanin ila-l-madi, nostalgia per il passato (La Lau). Il senso di zalam, oppressione (Fatma e Saso), porta a definire questi come ayyam suada, giorni neri (Osama e Wael) per l’Egitto, in cui si cita anche inqilab, il colpo di Stato (Amr, Faris e Mahmoud).

L’amore per il divino: Davvero in tanti avete scelto parole legate ad iman, la fede (Giusy), scrivendo Allah, Dio (Sakhr, Mai) anche nella versione Allahuma, che assume il senso di una richiesta d’aiuto a Dio (Walid) e ya Rabb, o Signore (Maria Franca). La quwwa illa billahi, non c’è forza se non in Dio (Othmane) convive con espressioni quotidiane come ma sha’ Allah, ciò che Dio ha voluto, che in genere indica apprezzamento e al-hamdu lillah, sia lode a Dio (entrambe di Viviana) in arabo usato in risposta a kayfa haluk? Come stai? per dire che si sta bene ringraziando Dio.

opera dell'artista egiziana Shayma Kamel
opera dell’artista egiziana Shayma Kamel

L’amore per la cultura: I riferimenti a tutto ciò che è arte non sono mancati e vorrei iniziare da una parola che per chi l’ha scritta racchiude il valore prezioso che una semplice parola araba può contenere in sé. Ce l’ha mandata Francesca ed è al-thurayya, nome arabo per il gruppo di stelle delle Pleiadi e anche origine del nome Suraya: questa parola per gli arabi è piena di slanci poetici, legata alla ricchezza dei fenomeni atmosferici ed in particolare della pioggia con cui le Pleiadi venivano identificate. Mi ha fatto poi molto piacere ricevere da Exlibris – Digital Orient Express la parola e-kitab, e-book in arabo, scelta maturata “perché gli e-book in arabo hanno fatto passi avanti importanti nel 2013, con l’augurio di fare ancora meglio nel 2014!”. Poi ho ricevuto qualcosa che solo il teatro arabo poteva darmi: il titolo di una piéce teatrale che Claudia, ragazza che lo ha scelto, ha portato come sua tesi di laurea. Si tratta di Hikaya hww (se non ho scritto bene, segnalatemelo!) dell’autore iracheno Nahid al-Ramadani dove hikaya è storia, racconto, e hww è “un verso con cui il protagonista esprime diversi stati che sperimenta nel corso della piéce (paura, felicità, sorpresa, ecc.)” come ho letto in questa pagina in arabo dedicata all’opera, di cui vi rimando alla lettura.

Dall’Egitto una ragazza di nome Lolya ci ha mandato una poesia di Salah Jaheen dal titolo “Halatu Masr” (La condizione dell’Egitto):

“Si è fermato il nastro in una posizione fissa
Ora possiamo esaminare la scena
Nessun dettaglio manca
Tutto parla e si esprime
Senza  suono né parole
Guarda, trovi la bandiera diffusa
Strappata ma ancora alta
Lotta con il vento frenetico”

(Traduzione dall’egiziano di Seham Salem)

Ed un’altra poesia ce l’ha segnalata Bubamara Onlus scegliendo Muhammad al-Ajami, detto il Poeta dei Gelsomini, prigioniero di coscienza che “scriveva poesie liberali e satiriche, ridicolizzando la religione e i governanti Arabi in generale. Giudicato colpevole di “sovversione del sistema di governo” e “offesa all’emiro”[del Qatar], al-Ajami si trova in carcere da novembre 2011.” (cito dall’articolo di Elisa Emiliani che potete leggere a questo link).

Il testo del Poema del Gelsomino, che se ho interpretato bene quanto scritto nella pagina è stato tradotto da Paolo Pezzi, è il regalo che questa onlus ci ha fatto col suo arabaco:

“Sapendo che coloro che soddisfano se stessi e turbano la loro gente domani vedranno qualcun altro sedere al loro posto, Sapendo che coloro che soddisfano se stessi e turbano la loro gente domani vedranno qualcun altro sedere al loro posto, per coloro che pensano che il Paese viva in nome vostro e dei vostri figli, che il Paese sia del popolo e del popolo siano le sue glorie.

Ripetete con una voce sola, per una sola fede: Tutti siamo la Tunisia di fronte all’oppressione dei pochi. Tutti siamo la Tunisia di fronte all’oppressione dei pochi. I governi Arabi e chi ne è a capo sono ladri, senza eccezione. Ladri!

La domanda che incornicia le menti di chi pensa non troverà risposta nei canali ufficiali. Dal momento che si importa tutto dall’Occidente, perché non si possono importare leggi e libertà? Perché non si possono importare leggi e libertà?”

L'amore nel campo - dell'artista siro-palestinese Ayham Hamada
L’amore nel campo – dell’artista siro-palestinese Ayham Hamada

L’amore nella sua purezza: Terminiamo proprio come abbiamo cominciato: la parola scelta da Silvia, a distanza di un anno dalla sua mail, è ancora hawiya, amare, innamorarsi. C’è chi ha scritto ana hebbak, sono il tuo amore (Nedda) e chi le ha fatto eco con ana uhibbuka ya habibi, ti amo amore mio (Anippesuig) e con habibatu qalbi, amore del mio cuore (Seham) declinato al femminile. Joe ha chiesto “Come si dice in arabo ‘Vuoi sposarmi?’, e Indi Nini gli ha risposto “Si dice toridina el zawaja menni“. Dall’Egitto il primo commento ricevuto era quello di una donna che ha presumibilmente divorziato nel 2013 e si è sentita dire dal marito enti taliq, sei divorziata (Bader): l’ho trovato molto carino perché subito dopo ha aggiunto una lunga risata araba. E poi Mohamed ci ha regalato le sillabe baba, papà, spiegando che sono state pronunciate min ibnati as-saghira wa kanat awwal kalimatiha, “dalla mia piccola bambina, e sono state le sue prime parole”. Lo stesso ci dice Marwa che sceglie Awwa, pronunciato min Adam wa Iyad ahla kalima sam’atuha fi-d-dunia, “da Adam ed Iyad, è la più dolce parola ch’abbia mai ascoltato al mondo” (sarebbe il suo nome che forse essendo piccoli i suoi figli non riescono a pronunciare bene). E leggendo silin mi è stato detto che è la versione araba del nome Celine e che, ancora una volta, è il nome della figlia di chi lo ha scelto. C’è stato posto anche per parole come sa’ada, felicità (Moamen) e najah, successo (Ahmed): consideriamolo un augurio a conclusione di questa nostra prima esperienza con #arabaco… Cominciate a pensare alle parole arabe per fare i conti col 2014!

 Claudia Avolio

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  • Sapessi che viaggi faccio con i tuoi articoli!!
    La lingua che amo di più presentata in maniera lieve ma al tempo stesso incisiva..
    Thawra wa Hurrya… Le “mie” parole, le parole più ascoltate nel Paese che mi ha “adottato” per lunghi periodi…
    A volte dolci, a volte amare…
    A volte speranzose, a volte ordini…

    Ti confesso che i tuoi scritti sono anche un aiuto “didattico” prezioso..
    Collegando, slegando, attorcigliando, sciogliendo…. memorizzo
    e scopro la magia del mio “verde”, “enorme”… “qamus”