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Dopo la vittoria del “Sì”, cosa succederà in Turchia?

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Anche se il referendum è legittimo e il risultato è chiaro, resta da vedere se esso garantirà alla Turchia un futuro di stabilità e prosperità

Di Cavit Taly. The New Arab (17/04/2017). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

Dopo la tanta campagna, l’elettorato turco ha infine approvato una serie di riforme costituzionali che davvero apporteranno un reale cambiamento al sistema politico del Paese. Con un’affluenza dell’85%, poco più della metà dei votanti (51%) hanno appoggiato gli emendamenti proposti dal presidente Recep Tayyip Erdogan e dal suo Partito Giustizia e Sviluppo (AKP).

L’attuale sistema parlamentare verrà sostituito da una presidenza esecutiva, facendo sì che il presidente, per titolo “imparziale”, diventi una figura politica di partito. La carica di primo ministro verrà abolita. Dunque, lasciando da parte altri cambiamenti minori circa il numero di membri del parlamento e la soglia di età per l’elettorato passivo, la nuova Costituzione rappresenta un’iniziativa senza precedenti volta ad estendere i poteri del presidente.

Dopo una votazione simile, di certo la legittimità del referendum verrà messa in dubbio: lo stato di emergenza, proclamato da quasi un anno, è ancora in vigore e diversi leader e membri del Partito Democratico del Popolo (HDP, filocurdo) – la terza formazione parlamentare – sono ancora in carcere.

Erdogan dovrebbe prendere la direzione dell’AKP diventando di fatto leader dello Stato e leader del suo partito. Il presidente aveva infatti riferito alla stampa, all’inizio del mese, che si sarebbe ricongiunto con il partito da lui fondato in caso di vittoria. La nuova Costituzione non entrerà in vigore prima delle prossime elezioni, previste per il novembre 2019. In base agli emendamenti, sia le elezioni parlamentari che quelle presidenziali verranno tenute lo stesso giorno.

Tuttavia, alcuni articoli concernenti la magistratura verranno applicati nei prossimi mesi. I membri del Consiglio Superiore dei Giudici e dei Procuratori (HYSK) verranno scelti in modo diretto dal presidente o in modo indiretto dal parlamento, che comunque è dominato dall’AKP. In altre parole, se la distribuzione dei seggi in parlamento resterà invariata e Erdogan diventerà leader del suo partito, quasi tutti i giudici verranno nominati da chi sta al potere.

I sostenitori di Erdogan affermano che il nuovo sistema assomiglia a quello francese, ma il fatto che la governance parlamentare verrà sostituita da una presidenza esecutiva, significa che non ci saranno molti modi per controllare il potere del presidente. La mancanza di agenzie e strutture che tengano conto dell’operato del presidente produrrà ancora più incertezza in un Paese già diviso tra fazioni pro e anti-Erdogan.

Dopo i diversi attacchi terroristici subiti dalla Turchia negli ultimi due anni, la sicurezza traballante, pur non generando un clima di paura, ha avuto effetti drastici sull’economia del Paese. Il settore turistico è crollato e gli investimenti diretti esteri hanno subito un duro colpo a causa dell’insicurezza economica e della svalutazione della lira turca.

Visti i recenti battibecchi tra Ankara ed alcuni Paesi europei e suoi vicini, non è detto che il nuovo sistema costituirà una soluzione immediata ai problemi della Turchia. La nuova Costituzione verrà presto adottata, questo è certo. Ma la sua legittimità verrà sicuramente messa in dubbio.

Si tratta di un cambiamento sistematico che scuoterà l’intera struttura politica. Questa domenica, i turchi sono andati alle urne per decidere se Erdogan dovesse continuare a governare il Paese o rimanere un leader di facciata che ogni volta rischia di oltrepassare il confine del mandato presidenziale. Venticinque milioni di turchi hanno scelto la prima opzione; di contro, ventiquattro milioni di loro non hanno scelto nessuna delle due opzioni. Essi non hanno detto “No” a un emendamento costituzionale, ma hanno detto “No” a una Costituzione che non prende in considerazione le loro opinioni.

Questa domenica, metà degli elettori turchi si sono espressi contro un cambiamento sistematico che gli è stato imposto. Anche se il referendum è legittimo e il risultato è chiaro, resta da vedere se concentrare il potere esecutivo nelle mani del presidente garantirà alla Turchia un futuro di stabilità e prosperità.

Cavit Talya è una giornalista turca freelance.

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