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La Tunisia un anno e mezzo dopo la rivoluzione

Di Ayman Zemali. Al-Shorouk (11/06/2012). Traduzione di Angela Ilaria Antoniello.

Un anno e mezzo fa cadeva il regime di Ben Ali, sistema caratterizzato da favoritismi, clientelismo ed emarginazione, e cambiava lo scenario politico del paese. Veniva eletto un nuovo governo che avrebbe dovuto realizzare gli obiettivi della rivoluzione e guidare il paese durante la fase di transizione democratica. Ma concretamente cosa è cambiato per i giovani?

I movimenti dei giovani tunisini sono ancora attivi, la loro rabbia è più viva che mai a causa della dilagante disoccupazione che li affligge, sebbene proprio loro costituiscano il gruppo sociale più dinamico e capace di lavorare sodo. Di fatto, la difficile situazione economica vissuta dal paese dopo lo scoppio della rivoluzione ha influito notevolmente sul livello degli investimenti e di conseguenza sul tasso di disoccupazione giovanile. Pertanto continuano le proteste dei giovani per chiedere un sistema più giusto che restituisca loro la dignità, specie nelle zone interne del paese, dove secondo le statistiche il tasso di disoccupazione è più alto che nelle zone costiere.

La rivoluzione sembra non aver nemmeno sfiorato la vita dei giovani, piuttosto pare abbia giovato soprattutto ai partiti politici. Tutto ciò fa si che l’entusiasmo di coloro che hanno lottato per rovesciare il regime di Ben Ali si stia man mano affievolendo. E così molti giovani si sono rivolti a correnti fanatiche e intolleranti. I sociologi sostengono che questa tendenza è frutto della chiusura mentale e della mancanza di fiducia nelle politiche adottate, incapaci di risolvere i problemi della vita quotidiana.

Inoltre, molti giovani fanno ricorso alla violenza, al crimine e al furto, cosa che rappresenta una minaccia alla stabilità sociale del paese e al loro stesso futuro. Mentre altri ricorrono all’immigrazione clandestina, rischiando la loro vita in mare, o peggio ancora pensano di risolvere i loro problemi suicidandosi.

In un rapporto pubblicato di recente dall’International Crisis Group, una ONG che si occupa di questioni economiche e sociali, emerge che i problemi economici e sociali che hanno causato lo scoppio della rivoluzione, come disoccupazione, disparità tra le diverse aree del paese, contrabbando e corruzione, sono ancora irrisolti e che, se le cose dovessero proseguire in questa direzione, i giovani potrebbero perdere la pazienza e scendere nuovamente in piazza.