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La Tunisia si “costituisce”… vagamente

Nel caos generale che storicamente tocca il Medio Oriente e, soprattutto, in un momento come quello attuale in cui i cambiamenti nell’area sono repentini e le notizie si rincorrono rendendo ogni fatto di cronaca già appartenente alla storia, vi sono organismi che continuano il loro lavoro quotidianamente. Tra questi, vi è l’Assemblea Costituente della Tunisia, eletta nell’ottobre del 2011 per dar vita alla nuova legge fondamentale del Paese, in vista delle prime elezioni politiche del dopo Ben ‘Ali, previste per il 2013. Dopo mesi di lavoro, l’Assemblea ha finalmente redatto il preambolo della Costituzione, non mandando di attirare su di sé qualche critica e di far emergere alcune contraddizioni che caratterizzano il nuovo panorama politico tunisino.

 

Come fatto notare dall’analista statunitense con base a Tunisi, l’introduzione alla Costituzione rappresenta un vero e proprio compromesso, come si evince dalla lunghezza di tale paragrafo che, solitamente nelle carte costituzionali, è costituito invece da poche e concise frasi. Nel preambolo, in effetti, possiamo trovare rifermenti a tutte le questioni ancora aperte in Tunisia e si nota una volontà di bilanciare in maniera accurata le volontà di tutti gli attori politici, tentando di non scontentare nessuno. Così come è, questa introduzione alla Costituzione rischia addirittura di non dare una vera anima alla Tunisia, tanto è omnicomprensiva e, per alcuni versi, volutamente vaga, al punto da non affrontare il tema dell’assetto istituzionale della nuova Tunisia.

 

Le parole del Presidente del partito islamico al-Nahda – Rashid al-Ghannushi – circa la volontà di escludere che la shari‘a possa essere usata come fonte legislativa, vengono così rese in parte vane dal riferimento all’Islam come fattore su cui si fonda la Tunisia, strizzando così l’occhio alle fazioni islamiste più radicali. Allo stesso tempo, si parla però di un Islam aperto al riformismo e liberale, tentando così di fugare qualsiasi dubbio circa le possibili derive radicali cui potrebbe andare incontro il Paese. Curioso è il riferimento esplicito alla liberazione della Palestina, preso a modello di popolo oppresso, ma menzionato con il chiaro intento di accattivarsi la simpatia dell’opinione pubblica araba, da sempre attenta alla questione palestinese. Leggendo tale preambolo, dunque, si ha l’impressione che il panorama politico tunisino debba ancora raggiungere un vero e proprio patto nazionale, che sappia fornire risposte alle esigenze che il momento delicato richiede. Al momento il tentativo è quello di non creare malcontenti da nessuna parte – secolaristi, riformisti, islamisti, movimento sindacale – ma in futuro alcune scelte andranno fatte e, come in tutte le fasi costituenti, ognuno dovrà fare delle cessioni su alcuni punti.

Stefano Maria Torelli