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La storia di una metamorfosi

occupy gezi taksim square turkeydi Cihan Çelik. Hurriyet Daily News (03/06/2013). Traduzione e sintesi di Silvia Di Cesare

Mi sveglio in una mattina in cui la freschezza dell’aria è stata soppiantata dall’amaro del gas al pepe. A Cihangir, un quartiere vicino all’iconica piazza Taksim, la quale è stata testimone delle manifestazioni popolari contro un controverso progetto di urbanizzazione della città, si ode un silenzio profondo dopo una notte di scontri e manifestazioni.

Un gruppo di manifestanti facevano la guardia su via Sıraselviler, principale strada di collegamento tra Cihangir e piazza Taksim, affrontando  ben equipaggiati poliziotti, mentre dall’altra parte della strada altri manifestanti cercavano di riprender le forze dopo una lunga notte di veglia. Di gran lunga numericamente superiori ai manifestanti ancora per le strade, le forze di polizia hanno assediato l’entrata principale a piazza Taksim.

Mentre i manifestanti ribelli sono ancora fiduciosi dell’arrivo di un sostegno, le forze di sicurezza sono ormai convinte che questa loro ritirata segni la fine della protesta. Restii a marciare contro l’assedio della polizia, i manifestanti hanno deciso di aspettare l’arrivo di altre forze per poi attaccare nel pomeriggio. Da quel momento iniziò un’estenuante attesa che durò per ore.

Questa era l’atmosfera di sabato mattina ad Istanbul, all’inizio di una giornata che resterà nella memoria storica della Turchia con decine di migliaia di manifestanti che occuperanno piazza Taksim. Le proteste sono iniziate all’inizio della settimana, con una partecipazione molto scarsa, contro la demolizione di un parco dimenticato, ciò che le hanno rese popolari è stata la brutalità della polizia.

Quello che sarebbe in breve diventato la protesta di Occupy Taksim ribolliva nella superficie già negli ultimi mesi, da quando il governatore del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) aveva messo in scena una campagna politica con la sua agenda conservatrice. Taksim è un luogo simbolo per gli scontri silenziosi tra i conservatori e gli altri, dato il suo riconosciuto valore di centro politico e culturale della città e per le sue attrazioni che infastidiscono i valori dei conservatori.

L’aggressione passiva alla piazza è iniziata con le cosiddette “operazioni dei menù”, che da circa due anni obbligano lo smantellamento dalle strade dei menù che contemplavano la vendita di alcool. Mentre l’AKP portava avanti la sua guerra contro la vendita di alcool, come accade in molti altri paesi della zona, i locali di Istanbul si iniziarono a sentire minacciati da continui attacchi  contro uno stile di vita diverso rispetto a quello “istituzionalmente” accettato. Questo ha riportato alla memoria le sensazioni vissute circa un decennio fa, quando l’AKP salì per la prima volta al potere. Non erano, però, solo le Guardie della Repubblica ad essere turbate dalle azioni dell’autorità.

Il crescente malcontento  è stato la spinta per il cuore dei manifestanti di Occupy Taksim, che volevano solo far presente al governo dell’AKP che anche le loro esigenze devono essere ascoltate.

La protesta ha unito persone con motivazioni, backgrounds etnici, identità politiche e credenze religiose differenti. Le persone che nella vita di tutti i giorni si scontravano, si sono riuniti per fronteggiare gli attacchi della polizia, sbeffeggiandola con lo slogan “Dacci più gas”. Priva di un leader proprio come le piazze delle “Primavere Arabe”, la protesta di Taksim si è trasformata in pochissimo tempo in una sfida politica contro il governo dell’AKP, qualcosa che è mancato in Turchia per decenni.

Nonostante i decibel alti e la ribellione, è ancora troppo presto per fare dei paragoni tra Occupy Taksim e le primavere arabe, ed allo stesso tempo sono troppo acerbe l’etichettature come “ primavera turca”. Detto ciò, le proteste hanno dimostrato sia ai governanti che alla nazione che la voce popolare deve affrontare l’autorità, nonostante anni di silenzio.