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La Siria post rivoluzione … o post-Assad?

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di Ghazi Dahman. Al-Hayat (10-08-2018). Traduzione e sintesi di Emanuela Barbieri.

La Siria ha due opzioni: essere la Repubblica di Assad, basata sulla realtà attuale, in cui Assad ha riacquistato il controllo su ampie parti del paese, o una nuova Siria, attraverso un processo di transizione pacifica con cooperazione regionale e internazionale in preparazione della fase successiva: la ricostruzione e il ritorno dei rifugiati.

Le due opzioni dipendono da forze regionali o internazionali. I siriani nei due casi si limiteranno a eseguire ordini provenienti da fuori. La forma dello stato, gli orientamenti politici e persino i colori della bandiera e l’inno nazionale, saranno decisi fuori di Damasco, che si tratti della Repubblica di Assad o della Siria post-Assad.

La Repubblica di Assad sembra essere la più vicina alla realtà e più strettamente connessa agli eventi: la Repubblica sarà considerata il simbolo della vittoria militare, diplomatica e mediatica della Russia, un esempio della capacità di Putin e un riflesso della sua influenza a livello internazionale. La Russia proverà così di soggiogare i suoi avversari internazionali, imponendo al-Assad  come l’unica opzione di salvezza per la Siria.

Tuttavia, il successo di questa opzione dipende in gran parte non dalla volontà russa, ma dall’accettazione di altre potenze internazionali e regionali della volontà di Mosca, la capacità di dette potenze di affrontare la fase successiva con una strategia chiara e specifica che può costringere la Russia a rispettare una transizione politica in Siria, o se ci saranno posizioni diverse per ogni singolo stato, che favorirà le scelte russe in grado di spezzare la forza negoziatrice dei loro avversari. Proprio come ha fatto con le fazioni dell’opposizione spingendo tutti ad arrendersi alla posizione di Mosca.

La questione siriana oggi, dopo la fine di gran parte delle operazioni militari, dipende della capacità di tutte le parti a negoziare una via d’uscita. L’esperienza insegna che la mobilitazione di risorse diplomatiche deve essere accompagnata da aiuti economici, fattore importante in questo processo. La situazione militare in Siria non può essere l’unica soluzione. Anche perchè la vittoria di Assad era impossibile senza l’appoggio Russo-iraniano. La situazione nonostante la “vittoria di Assad” rimane comunque caotica. L’unica strada per una soluzione duratura è un vero processo politico.

La Russia è consapevole che in questa fase dei negoziati, dovrà affrontare potenze internazionali con esigenze e visioni diverse alla sua e, pertanto, cercherà di alzare il tetto dei negoziati per rispondere all’accettazione delle potenze internazionali della continuità di Assad al potere. La Russia deve cedere su richieste che non danneggiano più di tanto l’autorità di Assad, come ad esempio il riconoscimento dell’autonomia curda, o di un processo di pace tra Israele e il regime, o anche tentare le potenze regionali e internazionali coi potenziali benefici economici della ricostruzione del paese.

La debolezza del piano russo però risiede in gran parte nel fattore tempo. L’applicazione di questa agenda, convincere le potenze regionali e internazionali, garantire la pace in Siria e controllare lo stato caotico in cui si trova il paese mediorientale richiede tempo che la Russia non ha. In particolare adesso, con Mosca che espande il suo cerchio in Siria gestendo i rapporti con le comunità locali direttamente. L’obiettivo non è più possedere una presenza militare permanente. Questo obiettivo non è in grado di essere realizzato in un paese distrutto e isolato internazionalmente. Fatti che hanno delle conseguenze sulla posizione russa e la sua politica in Siria nel suo complesso.

D’altra parte, sembra che la posizione della comunità internazionale sia ancora intatta a fronte della politica russa, in cui gli attori influenti nella zona rifiutano di impegnarsi nel piano russo di riabilitare il regime di Assad chiedendo il contributo internazionale per la ricostruzione della Siria. Le parole dell’ambasciatore francese al Consiglio di Sicurezza erano chiare: “i paesi occidentali si rifiutano di contribuire alla ricostruzione a meno che non si ottienga una transizione politica”. Un messaggio di conferma per la Russia che la posizione dei paesi occidentali non è cambiata ancora. La Francia, che insiste sulla carta dei «cinque» concordata a Parigi, all’inizio di quest’anno, in cui Stati Uniti, Gran Bretagna, Arabia Saudita e Giordania presentano la loro soluzione politica della questione siriana.

Chi vincerà questo conflitto? La Repubblica di Assad o lo Stato della Siria per tutti? Questo è ciò che sarà determinato dal corso della negoziazione nella fase successiva, dove l’opposizione siriana dovrebbe giocare un ruolo di accompagnatore degli sforzi internazionali e regionali, ed essere all’altezza di questo compito per sostenere il processo della nascita d’una nuova Siria salvando così il paese da una Repubblica di Assad, che prefigura un triste futuro per i siriani.

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