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La regionalizzazione del Mediterraneo: un progetto in panne

Mediterraneo

Di Béligh Nabli. L’Economiste Maghrébin (17/03/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

Le diverse fratture che segnano lo spazio mediterraneo e la polarizzazione tra nord e sud rendono allo stesso tempo difficile e necessaria la sua integrazione e organizzazione in un unico blocco regionale. Tuttavia, ad oggi non esiste alcuna organizzazione internazionale regionale che riunisca i Paesi rivieraschi del Mar Mediterraneo, con obiettivi e interessi comuni. Se gli Stati della riva settentrionale, meridionale e orientale appartengono o partecipano a diverse organizzazioni (Unione Europea, Consiglio d’Europa, NATO, Unione del Maghreb Arabo, Lega Araba, etc.), restano tuttavia divisi e incapaci di unirsi in un’unica voce in nome di valori, principi e interessi comuni.

In mancanza di questa voce comune, e anche dell’indipendenza dei Paesi della riva sud, gli europei tentano di imporre la loro concezione di regionalizzazione nel Mediterraneo. Questo spazio geografico è iscritto in tessuto di cooperazione e in una strategia di istituzionalizzazione dei rapporti nord-sud teoricamente suscettibili di conferire una dimensione più integrata al bacino mediterraneo. Iniziata dai Paesi della riva nord, questa politica, e le azioni che ne sono conseguite, sono per lo più iscritte nel quadro dell’Unione Europea. Diversi strumenti (accordi di libero scambio, accordi di associazione, Unione per il Mediterraneo, etc.) definiscono il perimetro della cooperazione tra l’UE e i Paesi della riva sud, mirati a “trasformare il Mediterraneo in uno spazio di pace, di democrazia, di cooperazione e prosperità”. Ora, bisogna riconoscere che questi strumenti sono insufficienti per rimediare all’asimmetria delle relazioni cosiddette “euro-mediterranee”.

Il Partenariato euro-mediterraneo (PEM), nato nel 1995 dal Processo di Barcellona, riponeva la sua originalità nel proporre una risposta globale e multilaterale all’insieme di sfide della regione riaffermando il legame indissolubile in termini di sicurezza, sviluppo (economico e umano) e democrazia che esiste tra le due rive del Mediterraneo. In questo senso, il PEM ha costituito una vera innovazione, in quanto riuniva allo stesso tavolo e all’interno dello stesso progetto i Paesi delle due sponde attorno a problematiche politiche, economiche e culturali. In pratica, però, la politica mediterranea globale degli europei si è rivelata presto concentrata sulla sola cooperazione economica, migratoria e securitaria, a discapito del dialogo politico e culturale. L’Unione Europea ha deciso unilateralmente la riconfigurazione della politica mediterranea, di cui il PEM è ormai confinato alla più generica “politica di vicinato” (PEV), espressione che sottolinea la messa in discussione dell’ambizione iniziale.

upm logo mediterraneoVisti i limiti del PEM e della PEV, nel 2008 l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy lanciò il progetto dell’Unione per il Mediterraneo (UpM), tutt’oggi esistente. L’iniziativa aveva lo scopo di creare una nuova dinamica politica che offrisse un’alternativa adatta all’eventuale entrata della Turchia nell’UE. L’UpM dovrebbe, dunque, rafforzare la cooperazione regionale creando istituzioni comuni per i Paesi mediterranei che favoriscano l’integrazione economica e politica, con un occhio di riguardo per il processo di pace israelo-palestinese. Ma anche l’UpM si è rivelata un fiasco. Oltre alle lacune strutturali e all’ambiguità degli obiettivi iniziali, l’iniziativa ha sottovalutato le controversie che animano la riva sud del Mediterraneo. La “primavera araba”, poi, ha messo in evidenza i difetti del sistema euro-mediterraneo che non è riuscito a funzionare come spazio di dialogo nelle crisi libica e siriana.

I dispositivi di cooperazione tra le due rive si sono rivelati finora inefficaci, se non insufficienti, per costruire solidarietà e interessi comuni. Di fatto, essi non sono riusciti a diminuire gli squilibri strutturali di tipo centro-periferia che caratterizzano i rapporti tra nord e sud del Mediterraneo. Facendosi leader della costruzione regionale euro-mediterranea, l’Unione Europea sperava di stimolare uno sviluppo economico al sud attraverso la creazione di una zona di libero scambio e allo stesso tempo di diminuire la pressione migratoria. Non solo questi obiettivi non sono stati raggiunti, ma il Mediterraneo è ancora lontano dall’essere un vero spazio regionale politicamente e/o regionalmente integrato. La regionalizzazione del Mediterraneo è un progetto in panne.

Béligh Nabli è direttore di ricerca presso l’Istituto Francese di Affari Internazionali e Strategici (IRIS).

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