Medio Oriente Zoom

La musica mediorientale alla conquista della scena europea

Musica Printemps de Brouges

Di Anthony Lucas. Your Middle East (28/04/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

L’ultima edizione del festival Printemps de Bourges, in Francia, è stato palcoscenico di diversi musicisti e gruppi provenienti dal Medio Oriente. Gli artisti selezionati per la 39ª edizione dell’evento hanno mostrato il fascino e l’estrema creatività della scena musicale contemporanea mediorientale, come l’ha definita Elodie Mermoz, una delle organizzatrici del festival.

Accanto a musicisti e gruppi di provenienza internazionale, con la presenza di otto artisti mediorientali il festival ha voluto mettere in evidenza alcuni dei talenti di un panorama musicale che – come le politiche della regione – è in rapido cambiamento. La Mermoz ha infatti indicato che l’interesse verso gli artisti mediorientali è cresciuto di pari passo con l’emergere delle rivolte arabe: “Dal momento in cui hanno smesso di scendere in piazza, i giovani avevano bisogno di un’altra arena di espressione e questa è stata la musica”, ha detto la Mermoz.

Islam Chipsky, virtuoso tastierista egiziano che dà una dimensione elettronica a canzoni con pesanti percussioni, è stato accolto con furore durante la sua esibizione al festival. Chipsky ha fatto carriera suonando a feste di matrimonio al Cairo e ha fatto il suo debutto internazionale lo scorso anno nel Regno Unito. L’artista egiziano cerca di minimizzare il significato della cosiddetta “Primavera Araba” nella sua musica. Chipsky pensa che il mondo ha iniziato a guardare alla scena musicale mediorientale solo in funzione delle rivolte, ma “siamo sempre stati lì, nei retroscena”, ha dichiarato. “Ovviamente ora riceviamo un’attenzione diversa – non solo noi, ma tutta la scena artistica di questi Paesi – ma non è poi così legata alla Primavera Araba”.

La musica di Chipsky si inscrive nella corrente dello shaabi elettronico, un mix di forme arabe tradizionali con strumenti occidentali. Questo matrimonio tra tradizionale e moderno si sta diffondendo rapidamente nella regione. L’artista afferma che, inizialmente, questo genere era “musica da ghetto” per i poveri, ma che “ora non si può ignorare il fatto che tutti conoscono questo tipo di musica in Egitto, se non in tutto il Medio Oriente”.

Tra gli altri artisti che hanno ricevuto una calorosa accoglienza al festival di Bourges anche la band libanese dei Mashrou’ Leila, che mette insieme la musica rock con testi in arabo dalla vocalizzazione tradizionale e strumenti come il violino. Il gruppo si è già guadagnato parecchi seguaci in Medio Oriente, nonostante le loro canzoni tocchino spesso argomenti delicati come l’omosessualità.

Tuttavia, alcuni artisti mediorientali sono noncuranti del fatto che la loro musica presenti o meno elementi tradizionali. Sary Moussa, musicista elettronico sperimentale libanese che si esibisce col nome di RadioKVM, pensa che “come la maggior parte dei libanesi, sono un mix di tutte le culture che mi circondano”. Moussa descrive la sua musica come una “sintesi di tutta questa cultura e non sento che debba essere per forza riconosciuta come araba”.

La stessa filosofia è abbracciata da un altro gruppo libanese, The Wanton Bishops, che con le loro canzoni blues in inglese sembrano provenire più dalle rive del Mississippi che da quelle del Mediterraneo.

Quanto al rap, questo genere è sempre stato considerato una forma d’espressione sociale sin dalla sua nascita, come ben sanno i rapper palestinesi DAM, che dieci anni fa hanno conquistato il pubblico con la loro “Meen Irhabi” (“Chi è il terrorista?”). I DAM hanno trovato un ampio pubblico al di fuori della regione, con tour che li hanno visti esibirsi in Europa, America del Nord e persino in Giappone.

Oltre agli artisti arabi, infine, non sono mancati anche artisti israeliani, come il cantautore Asaf Avidan, che si è conquistato il favore del pubblico con la sua voce androgina, e Yael Naim, la franco-israeliana che ha sbaragliato il mercato statunitense con la sua “New Soul”.

Anthony Lucas è giornalista per Agence France Presse e si occupa di musica.

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Roberta Papaleo

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  • Generalmente è proprio quando la musica racconta il contesto sociale in cui nasce, che vengono fuori forme nuove; come in tutta l’arte. E ora da dire mi sa che ce n’è tanto. Meno male che qualcuno se ne accorge che l’arte non se ne sta lì a guardare, o a vendere, come è stato negli anni dieci del duemila.