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La moschea di Al-Aqsa: una vecchia scintilla

moschea al-aqsa

Di Abdallah Marouf. Al Huffington Post Arabi (26/07/2015) . Traduzione e sintesi di Paola Conti.

La lunga esperienza dell’occupazione israeliana della parte orientale della città di Gerusalemme conferma che la parola d’ordine in qualsiasi negoziato o trattativa a livello politico è la moschea di Al-Aqsa. Questo luogo enorme (144.000 metri quadrati) rappresenta la parola che può bloccare qualsiasi processo di trattativa e far esplodere la situazione a Gerusalemme e conseguentemente in tutta la Palestina, anzi nell’intera regione.

Dopo quarantotto anni di occupazione israeliana, di Gerusalemme Est non c’è bisogno di uno studio approfondito per conoscere la portata del fallimento del progetto di giudaizzazione della città e di insediamento della sovranità israeliana nella stessa; il volto pubblico della città continua ad essere quello arabo-musulmano.

Al-Aqsa indica il lato religioso della questione palestinese. Alcuni politici fingono di non vedere o allontanano l’aspetto religioso, che è infatti la parola chiave per il fallimento di ogni tentativo presente o futuro di raggiungere una qualche soluzione per la questione.

La ventisettesima notte di Ramadan di quest’anno ha sorpreso l’afflusso di migliaia di giovani palestinesi che si sono radunati nella Moschea per trascorrere questa notte santa, andando contro tutte le misure adottate dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e che rendevano difficile ai palestinesi della Cisgiordania di raggiungere Al-Aqsa. Sembra chiaro che i palestinesi prendono la questione sacra come simbolo per sfidare l’occupazione israeliana. I giovani palestinesi sono entrati nella moschea scavalcando i permessi militari israeliani, anzi alcuni indossavano magliette con su scritto “siamo entrati nonostante voi” .

Ciò indica che il sentimento religioso verso questo luogo sacro non è cambiato e i mezzi di comunicazione moderni hanno contribuito, senza intervento della censura militare israeliano o di altri, a rivelare al mondo intero l’entità della discriminazione sofferta dagli abitanti di Gerusalemme e la loro capacità di sfidare i provvedimenti israeliani.

Dubito fortemente che Netanyahu colga questo importante segnale, come non colse altri prima, la tensione aumenta, la città sta per esplodere ma questa esplosione non sarà di impronta politica, ma di natura religiosa. Tale analisi sostiene la posizione dei dimostranti della moschea, che sono diventati oggi il più grande ostacolo per le aspirazioni dei gruppi ebrei estremisti di strappare parte di Al-Aqsa per gli ebrei.

Quindici anni fa, Al-Aqsa fu centro e scintilla dell’inizio della seconda Intifada, che cambiò il volto della regione e condusse all’ascesa della resistenza palestinese per dominare la Striscia di Gaza. Oggi la situazione nella moschea è sul punto di esplodere di nuovo, ma qualsiasi esplosione oggi sarà diverso da quella di quindici anni fa, le circostanze in Cisgiordania sono diverse da quelle passate, non vi è dubbio che la scintilla di Gerusalemme si estenderà in un batter d’occhio alla Cisgiordania, che non esploderà solo in faccia all’occupazione israeliana, ma anche all’autorità palestinese.

Netanyahu sta giocando con il fuoco, e non se ne rende conto forse sta conducendo l’intera società israeliana verso un nuovo confronto globale nei territori palestinesi, ma deve sapere che questo confronto non sarà come il precedente.

Abdallah Marouf è uno studioso, attivista e ricercatore palestinese che insegna all’Università di 29 Maggio di Istanbul.

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