Algeria Zoom

La mobilitazione algerina pone i media nazionali davanti alla dura realtà

censura
I canali satellitari e la stampa si oppongono al taglio delle notizie

di Boualem Ghomrassa. Sharq al-awsat (18/03/2019). Traduzione e sintesi di Alessandro Tonni.
Durante il movimento popolare scoppiato contro il regime, i media privati algerini hanno affrontato una pesante repressione. Da principio, l’indignazione della massa ha respinto la candidatura del presidente Abd al-Aziz Bouteflika al suo quinto mandato, mediante le manifestazioni del 22 febbraio scorso e la sospensione dell’informazione dei media pubblici e privati. Con il proseguire della mobilitazione, i media si sono resi conto che la loro “credibilità” si sarebbe ristretta se non avessero dato espressione alle richieste popolari, e perciò hanno finito per fare i portavoce del movimento sostenendolo fortemente.
Così si esprime il giovane giornalista Mohammed Sidmu sul rapporto informazione – potere oggi: “L’informazione è sempre monitorata dal potere ed esso non concede libero esercizio assoluto alla sua espressione, lascia invece margini ristretti al contraddittorio come mezzo per creare una libertà artefatta”. E poi continua: “I giornalisti si sono dati una scrollata e per la prima volta sono insorti in protesta per la loro condizione chiedendo che venga loro permesso di fornire una immagine vera della realtà. La loro sollevazione ha avuto un relativo successo sul fronte della liberalizzazione, riuscendo a strappare un maggiore margine di libertà”.
Marwan Lounas, giornalista per l’emittente nazionale algerina, ha così sostenuto sulla situazione dell’informazione: “In Algeria i media affrontano una dura prova, da quando è divampato il moto popolare al comparto pubblico dei media è stato proibito un suo completo imbavagliamento, invece, per quanto riguarda il settore privato, è stato esposto ad una pesante oppressione, visto che alcuni canali e testate sono stati puniti con la loro esclusione dal fare propaganda del regime e dall’attività di stampa, per la loro insubordinazione alle direttive”. E poi ancora: “ le proteste dei giornalisti del settore pubblico devono essere raccontate, dal momento che essi non sono solo una parte del popolo, anzi, sono quelli che hanno subito le maggiori vessazioni, restrizioni e controllo in modo sempre più fastidioso, al punto che fare il giornalista è diventato quasi impossibile”.
Alal Mohammed, un giornalista specializzato su tematiche culturali, dice : “ i giornalisti che operano sia nei canali pubblici che in quelli privati si ritrovano a stare tra l’incudine e il martello, in altre parole, o raccontano una parte delle notizia per qualche briciola di pane oppure la verità per intero, e occuparsi della seconda comporta le dimissioni, dato che un gran numero di quelli che possiedono i canali privati intrattengono con il regime di Bouteflika uno stretto legame economico”. E dunque aggiunge: “ i canali, invece di tenere fede alla linea politica di una informazione deviata, devono dare spazio a chi protesta partendo dal presupposto che è sceso in piazza per chiedere delle riforme”.

Boualem Ghomrassa è un giornalista algerino

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