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La Giordania e “la prospettiva perduta”

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La Giordania ha bisogno di presentare una prospettiva al suo popolo per non lasciare che questo venga preso dallo sconforto causato dall’attuale crisi economica e finanziaria del paese

Di Muhammad Abu Raman. al-Arabi al-Jadid (18/02/2018). Traduzione e sintesi di Laura Serraino

La Giordania sta attraversando una fase finanziaria ed economica critica e, nonostante le proteste nelle strade siano di scarsa entità, diventeranno pericolose se inizieranno a influenzare direttamente il re assumendo chiare dimensioni sociali e di classe.

Proteste sempre più serie, innalzamento del livello di tensione e violenza sociale: un rapporto ufficiale ha registrato che le rapine a mano armata in banche e negozi hanno raggiunto 15 casi in meno di un mese, in media un caso ogni 48 ore. Non v’è un’unica interpretazione per l’aumento delle rapine a mano armata, delle droghe, della criminalità e dell’estremismo, ma una delle ipotesi principali è il ruolo delle condizioni economiche e finanziarie, soprattutto dopo le recenti decisioni del governo riguardo la rimozione del sussidio per il pane e l’abolizione delle esenzioni fiscali. Ciò ha portato ad un aumento dei prezzi, insieme a livelli senza precedenti di disoccupazione e povertà e un significativo calo del PIL, il che significa assenza di investimenti, stagnazione del mercato finanziario, commerciale ed economico, e il precipitare verso condizioni economiche – sociali più difficili e pericolose.

Questa situazione ha portato gli analisti politici giordani a concentrarsi sulle criticità nelle relazioni della Giordania con Iraq, Turchia e Iran per aprire i valichi di frontiera, dando impulso al commercio estero e a settori vitali per la Giordania (commercio, agricoltura, trasporti e turismo) che per decenni interi sono dipesi dai rapporti Amman-Baghdad. È chiaro che il “fattore iraniano”, se non è stato un ostacolo all’apertura verso l’Iraq, nella situazione attuale, ha migliorato le relazioni con Teheran e contribuirà a superare le difficoltà e a smuovere le acque.

È vero che esiste un problema reale nel comportamento esterno dell’Iran nella regione e un conflitto nella visione di Giordania e Teheran riguardo le questioni regionali, ma lo stesso vale per l’amministrazione del presidente Trump che farà precipitare la regione in una nuova crisi dopo la decisione di Gerusalemme. Tuttavia, il vicepresidente americano Mike Pence ha dichiarato che l’accordo sulla “neutralizzazione di Gerusalemme” dalle relazioni giordano-americane è stato concluso. Di conseguenza, vi è margine per possibili manovre della Giordania con i paesi della regione per trovare soluzioni alle condizioni economiche e finanziarie interne e per creare un “margine tattico” di fronte alla pressione di Washington e alla sua palese inclinazione nella causa palestinese e di fronte alle differenze tangibili tra la Giordania e i suoi alleati arabi per quanto riguarda le priorità della questione palestinese e la posizione sull’Iran.

Come affermato in un mio precedente articolo, negli ultimi giorni è stata annullata la possibilità di ogni appello politico all’apertura, seppur parziale, nelle relazioni estere: la Giordania continuerà quindi a gestire le sue alleanze tradizionali. Sembra che il fattore americano sia il più importante qui, come dimostra l’accordo di aiuti per i prossimi cinque anni firmato dalla Giordania con l’amministrazione statunitense, pochi giorni fa, per più di un miliardo di dollari all’anno.

Quindi, con un orizzonte esterno bloccato e un orizzonte economico e finanziario interno senza segni di miglioramento, l’unica via percorribile è gestire politicamente l’equazione interna, simile a quello che Hussein fece nel 1989, quando aprì alla democrazia, fece entrare l’opposizione nel governo, e promulgò la Carta nazionale giordana (un contratto sociale tra lo stato e le varie forze politiche), che ha aiutato la Giordania a passare attraverso fasi pericolose.

In breve, la situazione attuale ha bisogno di una “nuova visione” realistica per creare un orizzonte per le persone da guardare, piuttosto che perdersi nello stato attuale di frustrazione e disperazione.

Muhammad Abu Raman è ricercatore nel centro di studi strategici nell’università della Giordania.

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