Di Abdullah Majid. Elaph (26/11/2014). Traduzione e sintesi di Ismahan Hassen.
Ultimamente in Iran molti segnali hanno pronosticato un possibile ritorno di Mahmoud Ahmadinejad alla presidenza. Tali segnali sono stati evidenziati dalla propaganda da lui utilizzata per rimettersi in gioco, attraverso la messinscena di visite di cittadini presso la sua abitazione e dinnanzi ad ingenui fotografi che lo dipingono come “risolutore dei problemi dei poveri”. Tutto ciò mentre gli analisti ritengono che questa sia una farsa organizzata da Khamenei per raggiungere soluzioni mediane sull’accordo nucleare.
L’ex presidente iraniano Ahmadinejad viene indicato, al di fuori del Paese, come un demagogo che non smette di gridare, invitando a capovolgere l’ordine mondiale “ingiusto” guidato dagli Stati Uniti e a cancellare Israele dalla faccia della terra, oltre che a negare l’esistenza dell’olocausto nazista contro gli ebrei. All’interno, invece, Ahmadinejad è ricordato per le sue politiche populiste in cui ha sperperato miliardi, con il pretesto di aiutare i poveri e per la sua politica da “pugno di ferro”, che lo ha portato a crearsi potenti nemici, mentre il suo governo è stato associato ad una cattiva gestione dell’economia iraniana, su vasta scala.
D’altro canto, vi è chi lo critica sostenendo che egli sia stato un uomo politico avventato, il cui governo si è concluso con un bilancio nero lungo otto anni. Difatti, quando ha cominciato a circolare la notizia di un suo ritorno al potere, gli iraniani, in generale, hanno manifestato il loro disappunto, malgrado non sapessero in che modo ciò sarebbe avvenuto. C’è anche chi, però, vede Ahmadinejad come un utile strumento per ricordare al presidente Rohani e all’amministrazione Obama i pericoli del fallimento di un accordo sul nucleare iraniano.
Amir Mohebbian, analista e scrittore iraniano, ha osservato che Ahmadinejad e i conservatori stanno interpretando una farsa architettata dall’ayatollah Ali Khamenei. Il giornale Christian Science Monitor cita uno scritto di Mohebbian in cui si riporta una lettera indirizzata a Rohani che recita: “Tu non sei l’unica forza all’interno del panorama politico: ci sono gruppi all’opposizione con cui è necessario trovare un compromesso”. La lettera, indirizzata anche agli Stati Uniti e ai repubblicani presenti nel Congresso, riporta inoltre: “Anche noi in Iran abbiamo i radicali, esattamente come voi, e se Obama non si impegna a risolvere la questione del nucleare la situazione potrà solo peggiorare”.
Mohebbian ritiene che “i fattori che stano aiutando Ahmadinejad nel suo rimettersi in gioco sono la debolezza di Rohani ed i suoi errori”, e aggiunge che “tra i problemi della strategia messa in atto da Rohani vi è l’aumento del divario tra ricchi e poveri, dove Ahmadinejad può inserirsi sostenendo di essere il volto dei popoli e della rivoluzione”. Questo è il modo con cui Ahmadinejad viene rappresentato quando esce di casa ogni mattina, mentre i conservatori si impegnano a ritrarlo come una guida suprema, desiderando risvegliare i valori originali della rivoluzione del ’79 e sfidare il potere arrogante degli Stati Uniti.
Abdolreza Davari, fondatore del gruppo noto con il nome “Ansar Mahmoud Ahmadinejad”, ha sostenuto che le relazioni tra l’ex presidente e la Guida Suprema sono “più grandi del potere poiché sono basate sul rapporto affettivo”. A ciò Davari ha poi aggiunto che i sostenitori di Ahmadinejad hanno dato avvio ad un processo di ricostruzione dell’opinione pubblica intorno a lui. Ma gli ostacoli che impediscono il suo ritorno sono comunque grandi. Come ha riportato il giornale Christian Science Monitor, citando uno studente di architettura di Ahwaz, che in verità ha più possibilità di respirare sotto l’egida del governo Rohani “poiché l’azione della polizia morale è molto diminuita e che non vi è alcuna possibilità per Ahmadinejad di ritornare perché il popolo chiede meno restrizioni”.
Abdullah Majid è un giornalista del quotidiano arabo online Elaph.
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