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K-L-M, parlare: cosa delicata

kalima. Così si dice, in arabo, “parola”. Per anni ho ignorato l’origine della sua radice, per anni l’ho incontrata e ho proseguito indifferente. Poi un giorno mi ha guardata, dritta negli occhi, con la sferza di una lama. Quando ho scoperto che la radice da cui proviene, ka-la-ma, significa “ferire”. Ora kalima mi abita, non riesco più a dimenticarla. Mi ha donato la sintesi esatta di ciò che vuol dire “parlare”: chi parla, chi usa le parole, compie un’azione molto delicata. Ha il potere di ferire. Chi le ascolta, chi le riceve, può ferirsi. E la lingua araba ha incaricato kalima di ricordarlo a chi la incontra.

Adonis, il poeta siriano, crede fermamente in lei. Tanto da dedicarle i versi in cui dice: “La parola è la più leggera delle cose e le contiene tutte. L’azione è direzione e istante, la parola è tutte le direzioni e il tempo.” Molti siti poi la scelgono come mantello che ne protegga le spalle: www.kalima.ae, tra tutti, è il sito dedicato alle traduzioni in arabo di opere da tutto il mondo. Ogni anno, 100 titoli hanno l’onore di essere scelti per plasmarsi in parole arabe. Tra i fortunati mi piace citare i Pensieri di Giacomo Leopardi, e Gomorra di Roberto Saviano.

Claudia Avolio

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