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“Istanbul. Immagine e memoria della Città ottomana” di Gabriele Morrione

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Dal blog Con altre parole di Beatrice Tauro

Nei giorni scorsi è stato presentato a Roma, nell’elegante sala conferenze del Centro Culturale Turco, il volume “Istanbul. Immagine e memoria della Città ottomana” edizioni Campisano.

La presentazione è stata introdotta da Carlo Marsili, ambasciatore italiano in Turchia dal 2004 al 2010 che, prendendo spunto dal volume, ha tracciato un ritratto della Turchia moderna, del suo dinamismo economico ma anche delle sue contraddizioni sociali, della sua spinta verso l’Europa e l’Occidente e la sua radicalizzazione nell’Islam.

Gabriele MorrioneTemi che il volume di Morrione, architetto per mestiere e fotografo per passione, ripercorre in un excursus storico della città di Istanbul, dall’antica Bisanzio fino alla megalopoli odierna. E lo fa strutturando il testo in due parti: da un lato attraverso una vasta antologia di testi letterari, dal 1500 ad oggi, dall’altro attraverso le fotografie scattate a partire dal suo primo viaggio a Istanbul nel 1973.

Scorrono così sotto gli occhi del lettore le testimonianze letterarie di personaggi come Edmondo De Amicis che nel 1875 scrisse “È tempo di entrare nel cuore di Stambul, di andare a vedere quella fiera universale e perpetua, quella città nascosta, oscura, piena di meraviglie, di tesori e di memorie, che si distende fra la collina di Nuri-Osmaniè e quella di Serraschiere, e si chiama il Grande Bazar”. Citazione da sola in grado di suscitare nell’immaginario collettivo quelle atmosfere esotiche da “Mille e una notte” che poi la fotografia di Morrione riconduce alla realtà, declinandola nella sua dimensione.

O ancora, nella sezione intitolata “Istanbul e il mare” non si poteva non fare riferimento al Bosforo e alla sua magia “Rivedo il Bosforo, bello ed elegiaco, simile ad un selvaggio lago, con quelle specie di fòlaghe, a stormi, radenti, che qui chiamano anime di dragomanni” scriveva Giuseppe Antonio Borgese nel 1929.
Il volume snocciola via via immagini e memorie delle innumerevoli moschee che punteggiano la città, o anche le sue fontane, il maestoso Topkapi, le case in legno, memoria di un passato che va via via scomparendo, o ancora i numerosi cimiteri che a Istanbul diventano spesso luogo di passeggiate e luoghi di un fascino tutto particolare. L’autore chiude il suo ritratto di Istanbul con la rappresentazione della città moderna, celebrandone le vie dello shopping, i parchi, i grandi e maestosi ponti, in primis il Ponte di Galata che Edmondo De Amicis definì “un mosaico cangiante di razze e religioni”.

Un libro che coglie con gli occhi di un occidentale i mille aspetti di una città sospesa fra Oriente e Occidente, un luogo che non smette mai di esercitare il suo fascino, di irretire il viaggiatore nelle maglie della sua architettura e delle sue atmosfere in continuo mutamento.