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Iraq: l’ultimo terrorista

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L'apparente sconfitta di Daesh in Iraq non elimina i presupposti per il suo ritorno

Di Mohammed Abu Rumman. Al-Araby al-Jadeed (02/07/2017). Traduzione e sintesi di Gemma Baccini.

Il primo ministro iracheno, Haidar al-Abadi, ha scelto il terzo anniversario dell’annuncio della nascita del Califfato per annunciarne la fine, dopo aver sottratto dalle mani dell’organizzazione, la moschea Al-Nouri di Mosul, nella quale Abu Bakr al-Baghdadi pronunciò il celebre discorso del 5 Luglio 2014. Abady ha giurato di “eliminare fino all’ultimo terrorista in Iraq”. Questo discorso rivela una grande ambizione ed è forse giustificato dalle vittorie che le forze irachene hanno riportato con l’aiuto della Mobilitazione Popolare iraniana e delle forze americane.

Con la presunta uccisione del califfo Baghdadi, l’assedio di Raqqa e il ritirarsi di Daesh (ISIS) dalle campagne di Aleppo e altri territori da esso occupati, si può dire che la battaglia è finita, così come il  “califfato promesso”, che ha attirato migliaia di ragazzi arabi e musulmani alla ricerca dell’ “identità utopica”, è finito nella teoria e nella pratica.

Tuttavia è certo che la sconfitta del sedicente Stato Islamico non permette in alcun modo di parlare di “ultimo terrorista”, né in Iraq né altrove.

Al contrario, forse la fine del califfato libererà i suoi membri dall’onere di mantenere il territorio e sopportare l’assedio, e così tornare alla “guerra tra bande”, delle “cellule dormienti” e dei “lupi solitari”, che essi padroneggiano assai più del gioco del governo e dello Stato, come gli altri movimenti islamici, siano essi violenti o pacifici. I presupposti per l’esistenza di Daesh sono infatti ancora ben presenti e forse ancor più di prima, soprattutto in Iraq, a causa dell’espansionismo iraniano, degli interessi internazionali e regionali, l’aggravarsi della crisi dei sunniti, il settarismo e la debolezza della dinamica politica.

Forse i sunniti impareranno dai loro errori, trovando una forza alternativa all’Isis, che invece di salvarli li sta distruggendo. Tuttavia, la presenza, all’interno della fila di Daesh, dei vecchi quadri dell’esercito iracheno, l’ideologia violenta e la sua capacità di reclutare rendono difficile per i sunniti sostituirlo con un’altra organizzazione, almeno che non si tratti di un’organizzazione dotata sia di un’ideologia politica che di una forza militare che la renda capace di negoziare nel caso di un rifiuto dell’altra parte. L’altro scenario, reso possibile col crescere delle aspettative su Osama, figlio di Osama Bin Laden, è il ritorno Daesh come alleato di Al-Qaeda.

Tutto ciò accade in Iraq, ma altrove non è diverso, poiché le condizioni per lo sviluppo del radicalismo si sono rafforzate.

Mohammed Abu Rumman è un ricercatore giordano.

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