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L’Iran è l’unica via di uscita per la Turchia

Erdogan Turchia
Erdogan Turchia

Di Wasfy al-Amin. As-Safir (05/03/2016). Traduzione e sintesi di Sebastiano Garofalo.

L’accordo russo-statunitense per l’interruzione delle ostilità in Siria è stato un duro colpo per le ambizioni turche.

Il cessate-il-fuoco ha chiuso alla Turchia ogni possibilità di realizzare i propri obiettivi, in particolare la creazione di una zona cuscinetto e la deposizione del presidente siriano. I turchi e i sauditi premono per un intervento di terra in Siria, ma è difficile che raggiungano i loro obiettivi senza una la copertura aerea statunitense e della Nato, un intervento che porterebbe a uno scontro diretto con la Russi e cheWashington farà di tutto per evitare.

L’idea statunitense di affidare ai curdi il ruolo di argine di Daesh (ISIS) è stata vista dal Consiglio di Sicurezza turco come un affronto. I curdi sono infatti un elemento fondamentale per il controllo del vasto territorio che va da Jarabulus a Mosul e questo, insieme all’ostilità di Ankara verso le posizioni di Washington, sono causa di attrito con la Casa Bianca. In più, il rafforzamento delle armate russe in Armenia, il dispiegamento di sistemi di difesa aerea avanzati sul territorio siriano e il rifiuto statunitense di rispondere alle mosse tattiche di Mosca, ha ampliato il divario tra Ankara e Washington.

La Turchia di Erdogan si trova quindi da sola a fronteggiare le minacce esterne, le quali hanno prodotto una crisi interna. Al leader turco rimangono tre alternative:

1) sfruttare a proprio vantaggio i gruppi armati per acuire la crisi, nell’attesa di una nuova occasione per indebolire “l’asse della resistenza”, oppure aspettare l’insediamento di una nuova amministrazione statunitense che sia più incline agli obiettivi turchi; tuttavia, questa alternativa non sembra realistica

2) far divampare i conflitti settari e nazionalisti, intensificando l’instabilità, ed entrare de facto nel conflitto siriano, come hanno già fatto la Russia e “l’asse della resistenza”, stringendo una claudicante alleanza con l’Arabia Saudita e il Qatar: questa è l’alternativa che porterebbe Ankara a un suicidio militare e politico

3) ricorrere all’aiuto dell’Iran, il quale è il solo a poter aiutare la Turchia nella creazione di un nuovo equilibrio nell’area: si tratta dell’opzione meno onerosa, ma richiede che Ankara riconsideri la propria posizione politica e le proprie priorità geopolitiche.

L’Iran è la sola ad avere le capacità di tirare fuori dal pantano siriano Erdogan e il suo partito, prima che i drammatici eventi del Medio Oriente irrompano negli equilibri politici. Le ricadute del fallimento turco devono portare a un riesame della validità e utilità delle politiche del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) e dell’idoneità di Erdogan di guidarlo.

Wasfy al-Amin è un giornalista libanese.

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