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Iran-Turchia: le aspirazioni di Erdogan e Rohani si incontrano nel crocevia del Golfo

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Con la nuova presidenza americana e con le recenti mosse diplomatiche di Teheran, gli Stati del Golfo e la Turchia cercano di ricostruire alleanze e strategie per non venire travolti da possibili sviluppi

Di Hana al-Mokhrej. Al-Arab (16/02/2017). Traduzione e sintesi a cura di Raffaele Massara.

Contemporaneamente al tour diplomatico del presidente iraniano Hassan Rohani in Oman e Kuwait, il suo corrispettivo turco, Recep Tayyp Erdogan, ha visitato Arabia Saudita, Qatar e Bahrein: il leader turco, il quale ha ottenuto nuove alleanze ed accordi economici, che sicuramente daranno respiro al suo Paese,  in crisi a seguito di alcune “scommesse errate”; dal canto suo Rohani, ha intrapreso questi ultimi viaggi per chiarire diverse questioni in sospeso e dissipare recenti incomprensioni coi Paesi arabi dell’area.

C’è chi vede in questi due viaggi la possibilità di un nuovo periodo di distensione per tutto il Medio Oriente, mentre altri osservatori non vedono alcun incrocio di relazioni né competizione trai le due rispettive Nazioni.

Erdogan ha motivato le sue visite nel Golfo “per riunire i Paesi sunniti”, Rohani ha solo ricambiato le visite fatte dal Sultano dell’Oman ed il ministro degli Esteri kuwaitiano in Iran.

Esperti ritengono la mossa del leader iraniano strategica, in vista delle prossime elezioni nel suo paese: le precedenti le aveva vinte proprio grazie alla sua diplomazia nelle trattative sul nucleare e sulle sanzioni imposte al Paese.

Malgrado le due potenze si muovano su terreni apparentemente differenti, i loro interessi potrebbero trovarsi a cozzare, danneggiando a vicenda le proprie economie: a trarre beneficio da ciò sarebbe il regno saudita.

Le questioni ed i retroscena riguardanti il tour di Erdogan sono molteplici: trattati di cooperazione economica con le potenze del Golfo, accordi militari per il contrasto al terrorismo, la creazione di una nuova rete di scambi a fronte del cambio di strategia americano per quanto concerne il Medio Oriente, ma anche il fatto che le trattative e le discussioni correlate alla guerra in Siria ed Iraq (sottintendendo il Kurdistan) passano oramai dalle capitali di quell’area. Più analisti sono poi concordi sul desiderio delle petromonarchie arabe di sfruttare la Turchia come contraltare alla potenza iraniana dall’altro lato della costa.

Rohani cerca nuovi accordi per rassicurare il suo popolo: l’Iran si trova in una situazione traballante con il presidente statunitense Trump che li ha definiti “covo di terroristi” e con il vecchio alleato Putin che trascura Teheran preferendo la Turchia.

Rispetto al passato, le politiche e gli interessi di Iran e Stati del Golfo sono cambiati: “Non c’è alcun motivo affinché tra i nostri Paesi ci siano delle ostilità”, ha dichiarato tempo fa il ministro degli Esteri iraniano Jawad Zarif. Il timore però che l’ultima parola, in Iran, spetti all’ayatollah Khamenei e non al “moderato” Rohani, non convince i sauditi, spingendoli a più solide alleanze con Erdogan.

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