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Iran: pompa magna in Occidente, guerra per procura in Oriente

Rohani Iran

Di Camelia Entekhabi-Fard. Al-Arabiya (26/01/2016). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi.

Dopo più di dieci anni, gli iraniani vedono il loro presidente viaggiare con rispetto in Paesi occidentali e ristabilire relazioni diplomatiche ed economiche. 

Il presidente Hassan Rohani è arrivato a Roma il 25 gennaio, accompagnato da una grande delegazione commerciale. Dopo aver firmato accordi per espandere i legami economici con l’Italia, si recherà in Francia. Entrambi i viaggi sono rivolti soprattutto ad evidenziare il successo della diplomazia iraniana e ad attrarre investitori esteri nell’era post-sanzioni. 

Ma le visite puntano anche a dare un peso politico all’Iran, alla luce delle relazioni tese con i suoi vicini. Il cammino diplomatico di cooperazione e impegno multilaterale sembra infatti limitato alle potenze occidentali.

Il 26 gennaio, Rohani ha twittato una lettera ai leader dei Paesi vicini in cui auspicava che l’attuazione degli accordi sul nucleare fossero l’occasione per cooperare su diversi livelli. Ciononostante, gli avversari dell’Iran si rendono conto che Teheran sta cercando di ottenere il massimo del beneficio dal suo rinnovato impegno con la comunità internazionale. Dei timori sull’Iran tuttavia rimangono, in seguito all’escalation di retorica ostile delle scorse settimane.

C’è chi attribuisce la tensione in corso nella regione all’esecuzione dell’ayatollah sciita Nimr Al-Nimr e all’assalto alle sedi diplomatiche saudite a Teheran e Mashad. La sospensione dei rapporti dell’Arabia Saudita con l’Iran, tuttavia, rivela questioni più fondamentali.

Alcuni Stati arabi, che speravano in un miglioramento delle relazioni con Teheran dopo l’ascesa al potere di Rohani, vedono ora arroganza negli sforzi che l’Iran sta facendo per guadagnare un peso internazionale in seguito all’attuazione dell’accordo sul nucleare. I leader iraniani, infatti, non capiscono che si possono avere molto più potere e influenza seguendo politiche di cooperazione multilaterale e di peace building.

La crescente capacità dell’Iran di usare il potere diplomatico e militare sembra più preoccupante per i suoi vicini. Diversamente dall’Iran, infatti, non tutti hanno un’economia diversificata, una popolazione vasta, istruita e tecnologicamente avanzata, né un processo politico relativamente pluralistico, aperto al dibattito e al dissenso.

In teoria, gli avversari dell’Iran vogliono che il Paese torni ad usare soluzioni militari. Per farlo hanno due modi: creare delle condizioni in cui possano mettere in evidenza la rinnovata militanza dell’Iran, minando il suo sostegno internazionale, o aumentare l’appoggio a quei gruppi nella guerra per procura che lo privano di uomini e risorse.

Sembra che il governo moderato di Rohani non stia prendendo in considerazione questi scenari. A prescindere se gli attacchi alle sedi diplomatiche saudite siano stati spontanei o orchestrati da estremisti, l’immagine dell’Iran ne è uscita macchiata. Questo a vantaggio di chi vuole che l’Iran abbandoni la via della flessibilità e della cooperazione in Siria.

In ultima analisi, la partecipazione dell’Iran ai colloqui per la Siria determinerà se le sue politiche stanno in qualche modo alimentando i sospetti riguardo alle intenzioni di Teheran nella regione. Dopo questa pompa magna in Occidente, saranno i colloqui per la Siria il 29 gennaio a Ginevra a darci un’idea più chiara della diplomazia iraniana dopo l’attuazione dell’accordo sul nucleare.

Camelia Entekhabi-Fard è una giornalista, commentatrice e scrittrice, cresciuta durante la rivoluzione iraniana. Vive tra New York e Dubai.

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