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Iran al voto, fuori le donne e i riformisti. La figlia di Khomeini protesta per Rafsanjani

 

Mideast-Iran-Election_Horo-2-e1370044891478“La legge non approva”, così Mohammad Yazdi, membro del Consiglio dei Guardiani, ha giustificato l’esclusione di 30 donne candidate alle elezioni presidenziali che si terranno in Iran il 14 giugno. “Questo peggiorerà la già grave sotto-rappresentanza delle donne nella vita pubblica, politica e professionale” – ha dichiarato Kamala Chandrakirana , direttore del Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla discriminazione contro le donne.

L’ennesima umiliazione dunque, ancora più grave se si pensa che l’Iran ha aderito al Patto internazionale dei diritti civili e politici (ICCPR) in base al quale il riconoscimento dei diritti deve avvenire senza distinzione di razza, sesso, religione e opinioni politiche. Ma il Consiglio dei Guardiani, composto da dodici membri di cui sei teologi e sei giuristi, ha carta bianca nel valutare se il candidato soddisfi o meno i requisiti richiesti in base all’art.115 della Costituzione, ovvero: origine e nazionalità iraniane, capacità amministrative e intraprendenza, buona esperienza,  affidabilità e virtù, fede convinta nei principi fondamentali della Repubblica Islamica dell’Iran e della religione ufficiale dello Stato. Lo stesso articolo  stabilisce che i candidati devono essere scelti tra  personalità religiose e politiche e associa ad esse il termine rijal (uomini). L’esclusione delle donne, oggi come in passato, sembrerebbe dovuta proprio all’interpretazione di questo termine.

Ma a quanto pare, ben pochi sono stati i candidati in grado di soddisfare i requisiti richiesti. Su 686 aspiranti infatti, soltanto otto sono risultati idonei, tutti rigorosamente conservatori e fedeli alla Guida suprema, l’Ayatollah Khamenei. Tra i grandi esclusi, Esfandiar Rahim Mashaei, fido alleato del presidente uscente Ahamdinejad, quest’ultimo non ricandidabile per la terza volta, e l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani.

Se l’esclusione di Mashaei poteva essere fortemente prevedibile per il suo estremo nazionalismo e anche alla luce degli ultimi contrasti avuti dallo stesso Ahmadinjad con il clero, quella di Rafsanjani, pilastro della rivoluzione islamica insieme a Khomeini e già presidente dal 1989 al 1997, si è rivelata invece uno choc. Apparentemente escluso per i suoi 78 anni, il riformista moderato potrebbe aver pagato il sostegno dato all’Onda verde durante le presidenziali del 2009.

Una esclusione che ha suscitato lo sdegno di Zahra Mostafavi, figlia dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini, padre fondatore della Repubblica Islamica, che in una lettera a Khamenei ha chiesto il reintegro di Rafsanjani per evitare il formarsi di una dittatura: “Sfortunatamente  – scrive –  il consiglio dei guardiani ha bloccato la candidatura [di Rafsanjani] alla presidenza…Questo atto non ha fatto altro che creare una separazione tra due compagni dell’imam [Khomeini] senza riguardo per l’entusiasmo e l’interesse della gente verso il sistema e le elezioni”.

Secondo Zahra, Khomeini considerava Rafsanjani il potenziale candidato a succedergli come leader supremo, e nella lettera, aggiunge: “La progressiva separazione tra voi due [Khamenei e Rafsanjani] sarà il più grande colpo per la rivoluzione e il sistema. L’imam ha sempre detto:‘Questi due sono buoni quando sono insieme”.

Lo stesso Rafsanjani, secondo il sito Kaleme, avrebbe  così  commentato l’esclusione: “Io non voglio abbassarmi alla loro propaganda e ai loro attacchi, ma l’ignoranza è preoccupante. Non credo che il paese avrebbe potuto funzionare peggio. Non capiscono quello che stanno facendo”.

Eliminati Mashaei e Rafsanjani, è facile immaginare che il prossimo presidente sarà un conservatore fedele a Khamenei, scelto tra Saeed Jalili, noto per il suo ruolo di negoziatore nei colloqui sul nucleare, ben visto anche a livello internazionale, Mohammad Bagher Ghalibaf, sindaco di Teheran ed ex pasdaran, Ali Akbar Velayati, consigliere di Khamenei per gli affari internazionali, Gholamali Haddad Adel, ex presidente del parlamento e consuocero di Khamenei, Mohsen Rezaei, segretario del Consiglio per il Discernimento della Repubblica Islamica, Mohammad Reza Aref, ex vice-presidente della Repubblica e docente universitario nonché membro del Consiglio per il Discernimento come Rezai. Tra i moderati non restano che Mohammad Gharazi, ex ministro delle comunicazioni e Hassan Rowhani,  ex segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale. Tra gli otto candidati, che pochi giorni fa si sono affrontati in un dibattito televisivo, novità assoluta per l’Iran,  viene dato per favorito il negoziatore nucleare Jalili che in una recente intervento in un programma radiofonico ha sottolineato come l’Iran, malgrado le pressioni, sia comunque tra i primi 10 paesi che padroneggiano una tecnologia nucleare pacifica, con notevoli progressi compiuti durante la resistenza. Ha inoltre aggiunto che i paesi occidentali hanno chiesto all’Iran di sospendere il suo programma di arricchimento dell’uranio del 3,5 per cento per due anni, in cambio di piastre di combustibile nucleare, ma che l’Iran ha respinto la proposta e potrebbe produrle da sé.

In un paese schiacciato dalla grave crisi economica causata dalle sanzioni internazionali contro il programma nucleare, le parole di Jalili sono, a dir poco, rassicuranti.

 Katia Cerratti    

                                                        http://youtu.be/ocxPWMkXXeM