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Intervista a Gianni Pittella: “L’Unione per il Mediterraneo ha fallito”

Di Nadia al-Turki.  Asharq al-Awsat (23/02/2014). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

In un’intervista con Asharq al-Awsat, il vice-presidente del Parlamento europeo Gianni Pittella ha parlato delle relazioni tra UE e mondo arabo, della Primavera Araba e della crisi umanitaria in Siria, dichiarando il fallimento dell’Unione per il Mediterraneo e ponendo l”accento sul bisogno di un nuovo progetto di collaborazione tra le due regioni.

Ha spesso sottolineato l’importanza della cooperazione tra l’Europa e il mondo arabo. Secondo lei, come andrebbe realizzata?

GP: L’Unione per il Mediterraneo ha fallito e ora abbiamo bisogno di una cornice nuova per sviluppare un nuovo progetto di cooperazione tra l’Europa e il mondo arabo. Credo che dovremmo concentrarci di più su progetti concreti e specifici, in particolare nel campo dell’istruzione. Il capitale umano è il valore più importante nella società di oggi.

È in corso un acceso dibattito riguardo i partiti di destra che guadagnano sempre più terreno in Europa. Perché pensa che stia succedendo e come potrebbe influenzare le comunità arabe e islamiche in Europa?

GP: È una questione complicata. Credo che ci sia bisogno di uno sforzo simmetrico, sia da parte del sistema politico che da parte delle comunità islamiche per marginalizzare le forze estremiste.

Il conflitto in Siria non costituisce solo una minaccia alla stabilità regionale, ma anche un prezzo umanitario altissimo. Sebbene l’UE abbia espresso la sua profonda preoccupazione sulla situazione nel Paese sin dal principio, siete stati alquanto lenti nel lavorare a una soluzione al problema. Perché?

GP: Questo perché l’UE, di fatto, non possiede alcuna politica estera. In termini di assistenza umanitaria, la Commissione europea sta già facendo molto, ma c’è bisogno di una risposta politica e l’Europa sarà sempre incapace di reagire politicamente finché gli Stati membri non impegneranno più poteri in direzione della politica estera comunitaria.

La Primavera Araba ha visto nuove fasi di disordini in Libia, Egitto e Tunisia. Quali sono i motivi principali?

GP: La transizione verso la democrazia è un processo assai complesso e richiede diversi anni. Richiede tempo. I regimi autoritari precedenti hanno lasciato strutture politiche davvero deboli e ora è tempo di ricostruire un sistema democratico. Mi lasci aggiungere che questi tre Paesi vivono inoltre situazioni molto diverse, sebbene i risultati ottenuti in Tunisia sono alquanto positivi.

Cosa ne pensa del nuovo governo tunisino? E della nuova Costituzione?

GP: Si tratta di un notevole passo avanti, verso una Tunisia più libera e democratica. È anche indice del fatto che le rivolte arabe costituiscono ancora un processo aperto.

Cosa ne pensa del fatto che i popoli arabi non sono ancora pronti per la democrazia? È d’accordo?

GP: Non del tutto: la democrazia è un valore universale che non appartiene solo all’Occidente. Le rivolte nel mondo arabo si sono verificate proprio per questo.

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