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Il “sensuale” censurato ancora una volta

Donna Di Luna Safwan. Now Lebanon (07/10/2013). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

I offered you pleasure, film della ventiseienne regista libanese Farah Shaer, giovedì scorso è stato bandito dall’Ufficio della Censura della Sicurezza Generale e non verrà proiettato al Festival Internazionale del Cinema di Beirut.

Il film in sé è una produzione libanese della durata di 15 minuti che affronta temi quali la società, il sesso, gli adolescenti e i diritti delle donne. Farah ha detto che l’approccio critico del film lo rende “controverso, abbastanza da non mostrarlo al pubblico.”

Secondo la regista ed altri attivisti, la società libanese ha giudicato l’intera produzione sulla base dei 55 secondi di trailer. La nudità, per esempio, a dispetto dell’anteprima, era poco presente nel film. Farah ha poi aggiunto che il sesso non è stato l’oggetto principale del suo ultimo lavoro, di fatti “il film non riguarda né il sesso, né solamente la religione. Il film tratta la società in cui viviamo, gli uomini e le donne. Il problema principale di questa società è come tratta noi donne.”

Quando Now ha chiesto a Farah perché avesse scelto il tema dei “Matrimoni Temporanei” (o matrimoni di piacere), lei ha risposto: “Perché no? È intorno a noi, sta accadendo. Sappiamo che c’è, quindi perché non affrontarlo?”

Girare questo film ha preso un bel po’ di tempo alla regista, la quale ha dovuto parlare con le donne di matrimonio temporaneo, donne che lo avevano sperimentato sulla propria pelle in Libano, Iran, Bahrein ed Iraq. Anche trovare gli attori è stato difficile: molti hanno rifiutato le sue offerte, ma alla fine è stata messa insieme una grande squadra e il risultato è stato soddisfacente.

MARCH, una ONG libanese che lotta contro la censura e per la liberà d’espressione, ha una lunga storia in Libano. Un suo membro, Lea Baroudi mette l’accento sul fatto che la censura si è fatta più severa negli ultimi tre anni. “La censura è decisamente aumentata, ma oggi i social media possono organizzare una campagna contro di essa in pochi minuti. I social mostrano il materiale censurato e sono uno strumento utile quando dicono cosa è stato censurato e perché.” Cosa che, come sottolinea Lea Baroudi, l’Ufficio della Censura non si sente in dovere di fare.

Il Libano ha una delle leggi sulla censura più vaghe al mondo. Nella maggior parte dei casi, non viene dato nessun avviso formale quando un film o una produzione culturale viene vietata.

Quello che oggi tutti si chiedono è che tipo di società stiamo cercando di costruire in Libano se pubblicizziamo la violenza, la guerra e il settarismo ma ancora censuriamo le produzioni culturali e artistiche.

 

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