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Il regno saudita scricchiola

sauditaHassan Moali (El Watan – 18/04/2013). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo

La “primavera araba” è arrivata a scuotere il regno dei Saud, connubio di ultraconservatorismo morale e religioso e liberismo economico. A tenere in piedi Riyad finora è stata una strategia politica basata sull’illusione ottica.

L’Arabia Saudita ha risposto alle proteste popolari che hanno scosso il mondo arabo con una politica a doppio taglio. Conservatorismo ai limiti dell’ottusità in politica interna o nei rapporti con i paesi limitrofi come Yemen e Bahrein, nel primo caso caldeggiando un accordo per le dimissioni del presidente in cambio di impunità per lui e il suo clan, nel secondo partecipando (con armamenti made in USA) alla campagna del Consiglio di Cooperazione del Golfo a sostegno della monarchia sunnita in funzione antisciita. L’importante è presentarsi sulla scena internazionale come fautrice delle istanze democratiche dei movimenti popolari di paesi come Egitto, Libia e ora Siria. A parte va considerato il caso della Tunisia, il cui ex presidente Ben Ali ha trovato rifugio proprio sotto le ali di Riyad.

Quella dei Saud è una monarchia di gerontocrati dotati di un forte istinto di conservazione, che vivono di esportazione di petrolio in Occidente e di salafiti nel resto del mondo arabo. In prima linea con l’emirato del Qatar al fianco dei movimenti popolari degli altri paesi, o meglio delle frange islamiche di questi movimenti, l’Arabia Saudita in politica interna si mostra allergica a qualsiasi espressione di evoluzione umana e civile. Un paese in cui la polizia religiosa fa il bello e il cattivo tempo ma che non esita a emettere proclami in favore della libertà di espressione. Vizi assolutistici privati e pubbliche virtù democratiche. Basti citare il divieto per le cittadine saudite di guidare senza un tutore, che stride con i cinque Paris Hilton aperti nel regno, di cui uno proprio al Makkah Mall a Mecca, dove troneggia l’effigie di Marylin Monroe. A premere per la loro chiusura non sono stati i guardiani della fede, ma i predicatori che hanno scatenato le loro reazioni di sdegno attraverso le reti sociali.

Riyad paga la vitale protezione internazionale degli Usa facendo sgorgare fiumi di petrolio dal giacimento di Ghawar. Una scelta non sempre condivisa dai partner economici all’interno dell’Opep, che tuttavia consente ai monarchi di vessare impunemente la minoranza sciita ignorando le sue richieste di rappresentanza politica, o almeno di uguaglianza reale nei diritti civili. Senza dubbio finora la monarchia saudita è riuscita a mettere i suoi 28 milioni di cittadini in condizioni di non nuocerle, neutralizzando il malcontento latente delle nuove generazioni o dei 4 milioni di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà. Pace sociale comprata a 130 miliardi di dollari, riforme cosmetiche che hanno garantito il plauso di Washington senza permettere, ad esempio, alla donna di liberarsi dal suo status di cittadino di serie b. Una politica improntata alla mistificazione dunque, che maschera la repressione brutale del dissenso o le esecuzioni sommarie di (presunti) colpevoli di furto o consumazione di alcolici.

Lo scorso 13 marzo nella città di Abha sette giovani sauditi sono stati condannati a morte per rapina a mano armata pur essendo minori all’epoca del fatto. Una sorte ben diversa dall’impunità di cui ha beneficiato il predicatore Fayhan Hamdi, assiduo frequentatore dei canali tv religiosi, che ha ucciso la figlia Lama di 5 anni dopo aver abusato sessualmente di lei.

Gli imperativi geopolitici di Riyad non sono meno grotteschi di quelli degli Usa, per cui è vitale poter contare su un baluardo antisciita nel Golfo. Un asse di mutuo profitto, che la petromonarchia è disposta a pagare sacrificando la qibla di Mecca con quella di Washington. Nondimeno non è tutto oro ciò che viene dagli Usa. Le reti sociali come Facebook, ad esempio, terreno fertile di libera espressione per i giovani sauditi che iniziano a non temere uscite (ancora solo virtuali) a viso aperto, rischiano di non essere un buon regalo dello zio Sam.

 

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Emanuela Barbieri

Emanuela Barbieri è specializzata in Comunicazione Digitale e Internazionale, SEO Specialist e Consulente di Marketing digitale.
Grazie alla lingua araba ha realizzato progetti ponte tra l'Italia e l'area MENA - Nord Africa e Medio Oriente -, affiancando alla laurea in Lingue e Comunicazione Internazionale una formazione in ambito digitale: siti web, SEO, digital advertising, web marketing.

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