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“Il re non muore”: un film sulla realtà delle carceri del regime siriano

Di Ala Walid. Al-Quds al-Arabi (27/02/2014). Traduzione e sintesi di Lia Brigida Marra.

“Il re non muore”, cortometraggio scritto e diretto dal giovane regista siriano Yamen Moghrabi, porta sullo schermo una storia vera accaduta in un carcere del regime siriano. Il film si apre con un carceriere che entra nella cella di un detenuto per continuare una partita a scacchi iniziata in precedenza. Durante la partita, tra carceriere e detenuto avviene uno scambio di battute tra le cui pieghe i due proiettano ciò che accade sulla scacchiera della realtà:

“Credo tu sia soddisfatto di questo risultato” (né vincitore né vinto), dice il carceriere al detenuto.

“Sei molto sicuro di te”, replica quest’ultimo.

“È tutto nelle mie mani”, ribatte il primo.

“Le cose non stanno così”, risponde il secondo.

Durante la conversazione, il detenuto chiede al carceriere di mantener fede alla promessa di procurargli carta e penna. La carta è pronta, risponde il carceriere, ma a una piccola condizione: che lui, “uomo di cultura”, racconti una storia a una persona. Il detenuto acconsente, per poi avvisare il carceriere di avergli messo il re sotto scacco. Il carceriere, arrabbiato, si alza e conduce il detenuto in un’altra cella, in cui sono rinchiusi una donna e un bambino. “Voglio che racconti una storia a questo bambino”, gli ordina prima di uscire. Il detenuto tranquillizza la donna, visibilmente impaurita, quindi prende in braccio il bambino e inizia a raccontare: “C’era una volta un passero”. “Cosa significa passero?”, domanda il bambino, interrompendolo. Il detenuto esita un istante, poi gli spiega che è un uccello che vola in cielo con le sue ali. “Cosa significa ali?”, domanda di nuovo il bambino. Ancora una volta, il detenuto si ferma a riflettere su come spiegare il significato della parola ali. La donna, tuttavia, lo distoglie rivelandogli di aver partorito il bimbo in carcere: non essendovi mai uscito, non potrà comprendere nulla di ciò che gli racconterà.

È a questo punto che il carceriere apre la porta per riportare il detenuto, atterrito e con le lacrime agli occhi, nella sua cella. “Voglio un passero e un cielo”, esclama il bambino rivolgendosi direttamente al carceriere. Questi tuttavia lo respinge, gridando con tutte le sue forze: “Non esiste nessun cielo e nessun passero!”. Poi, rivolto al detenuto, gli urla di mettersi in testa che “non esiste nessuno scacco al re e che il re non muore, non muore!”.

Questo film si ispira a una storia vera di cui Michel Kilo, noto dissidente siriano, è stato protagonista diversi anni fa, rinchiuso nelle carceri siriane: all’epoca, un carceriere gli chiese di raccontare una storia a un bambino dato alla luce, in prigione, da una donna arrestata e stuprata dai carcerieri per indurre un suo parente, ricercato, a consegnarsi.

Qui, il cortometraggio in dialetto siriano de “Il re non muore”

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