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Il Qatar scala la vetta del suo Mondiale, senza sosprese

Qatar pallamano

Di Gilles Dhers. Libération (30/01/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

Per la maggior parte composta da stranieri naturalizzati per l’occasione, la squadra del Qatar è arrivata alle finali del Campionato Mondiale di Pallamano maschile che l’emirato sta ospitando, dopo aver battuto la Polonia.

Tuttavia, finora il Qatar era solo riuscito ad arrivare 16° al Mondiale in Russia nel 2003. Ora, invece, è la prima squadra non europea a partecipare alla finale della competizione. Miracolo? O frutto di spudorati favori arbitrali e manipolazioni inconfessabili?

Qatar pallamano 2015Nel gennaio 2011, Joël Delplanque, presidente della Federazione francese di pallamano, era fiducioso della selezione della Francia come Paese ospitante dei Mondiali 2015. Lo schiaffo morale non poteva essere più violento al momento dell’annuncio che sarebbe stato il Qatar, scelto due mesi prima per ospitare i Mondiali di calcio 2022, a ricevere l’incarico. Le reazioni si divisero tra incredulità e sospetto. Se la parola ‘corruzione’ non venne pronunciata, ci si interrogava, da parte francese, sui metodi del Qatar e delle sue lobby. Oggi, tutto è dimenticato. La Francia organizzerà il Mondiale 2017 e le sue relazioni con il Qatar sono in ottima forma.

Gaël Monthurel, ex giocatore francese di pallamano, è andato in esilio in Qatar per allenare una squadra di giovani. Nel 2013, aveva raccontato il poco entusiasmo dei locali per lo sport in generale e per la pallamano in particolare: “Per reclutare i giovani, bisogna parlare a lungo con i genitori. Si è perfino costretti a pagarli per far sì che vengano. Nella mia squadra, fanno 600 euro al mese”.

Allora, come ha fatto il Qatar a costruirsi una squadra da finale di Mondiale? Approfittando della regola della Federazione internazionale di pallamano secondo la quale la nazionalità è tutto fuorché scolpita nel marmo dello stato civile. Solo tre veri qatarensi figurano nella selezione nazionale, mentre i loro compagni sono di origini francesi, montenegrine, bosniache, tunisine, egiziane, spagnole o cubane.

Questo fenomeno di naturalizzazione d’occasione non è proprio solo della pallamano, dove è semplicemente semplificato: si può cambiare squadra nel corso della carriera, a patto di restarci almeno per tre anni prima di tornare alla propria maglia. Abdellatif Bohli, direttore tecnico della squadra qatarense ed egli stesso di origini tunisine, aveva dichiarato nel 2013: “Noi prepariamo il Mondiale nel rispetto del regolamento. Tutti sanno che alcuni giocatori sono stati naturalizzati con questa prospettiva”. Quando poi gli veniva chiesto quali fossero le sue ambizioni per il Qatar, all’epoca del “suo” Mondiale Bohli rispondeva: “I quarti di finale, e magari anche di più”. Obiettivo raggiunto.

Incoraggiato da un pubblico che non ha di certo percepito tutte le sottigliezze della pallamano, ma più che altro ne ha vissuto l’entusiasmo crescente man mano che la sua squadra avanzava, il Qatar può arrivare ancora più in alto?

Gilles Dhers è a capo della sezione sportiva di Libération.

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