Egitto News Siria Zoom

Il male genera altro male

violenza

violenzadi Samir Atallah, Asharq Al-Awsat (01/02/2013). Traduzione di Emanuela Barbieri.

Solo alcune parole sul quadro che abbiamo di fronte: violenza da parte del governatore contro il suo popolo, violenza dal popolo contro il suo governatore, violenza del popolo contro il popolo, che sia in Egitto, in Iraq o nella fornace siriana. La ragione di questa orribile e costante scena in espansione è che, fin dalla loro formazione, le nostre società hanno visto violenze, esclusioni e tirannie come una soluzione, e il male produce male e distruzione.

Nessuna istituzione è mai intervenuta per dichiarare ufficialmente la violenza come un crimine, che sia commessa individualmente o collettivamente. Le strade delle capitali arabe si sono trasformate nello scenario di massacri quotidiani senza condanna alcuna degli atti d’omicidio. I giubotti esplosivi sono diventati l’unca forma di dialogo e nessuno si preoccupa di dire niente contro questo inferno in terra. Con questa politica delle uccisioni cieche alcuni vedono una via di fuga alla quale ricorrere quando necessario, mentre altri semplicemente rimangono in silenzio.

La violenza dilagante nel modo islamico è il risultato naturale di questo misterioso, ignorante o anche malizioso silenzio. Per mezzo secolo il miserabile e stanco cittadino non ha conosciuto altro che il linguaggio, l’espressione e l’affermazione della violenza. Il popolo arabo è diventato un calcolatore umano, contando ogni giorno il numero di morti, feriti e bambini orfani, senza avere nessuna reazione genuina o soluzione al fuoco di Damasco o del Cairo, alla polvere di Aleppo, e al malessere di Port Said.

Gli arabi sono dipendenti dalle notizie di sangue versato e scene di corpi morti lungo le strade. Sono cresciuti abituati ad alcuni dei loro leader che li guardano e li chiamano terroristi. 60 mila “terroristi” sono stati uccisi in Siria in due anni, mentre in Iraq il numero non può essere stimato perché Nouri Al-Maliki sta stabilendo il suo “stato di legge” sulle loro teste.

In Iraq Abd Al-Karim Qasim è arrivato al potere come Primo Ministro attraverso la violenza ed è stato assassinato sotto gli ordini del Presidente Abdul Salam Aref, che subito dopo morì in un “incidente” d’elicottero. Il resto dei loro compagni baathisti sono morti senza che nessuno si chiedesse come né perché. L’ultimo era Saddam Hussein, finito con l’esecuzione.

Gheddafi ha potuto impiccare gli studenti nei loro campus universitari, lasciando che il capo guardia tirasse le gambe di coloro che lottavano contro la morte. Gheddafi desiderava spesso intensificare la loro sofferenza piuttosto che dargli il colpo di grazia, e anche quando risolveva con una punizione il risultato era davvero orrendo.

Infine, non ci dimentichiamo che la prima cosa che il Presidente Morsi ha detto agli egiziani è stata che non le sue decisioni non potevano essere messe in discussione, anche se prese informalmente.

Nel passato eravamo soliti citare lo stanlinismo, ma l’ex unione Sovietica ha sepolto le statue di Stalin e sussulta se il suo nome è espresso in pubblico. Abbiamo sempre rifiutato di credere che il crimine colletivo e quello individuale fossero la stessa cosa. Ma chi tra di noi crede in uno stato costruito con successo sulla violenza? Chi conosce un popolo che ha costruito la propria vita sulla morte?

 

http://www.asharq-e.com/news.asp?section=2&id=32719

 

About the author

Emanuela Barbieri

Emanuela Barbieri è specializzata in Comunicazione Digitale e Internazionale, SEO Specialist e Consulente di Marketing digitale.
Grazie alla lingua araba ha realizzato progetti ponte tra l'Italia e l'area MENA - Nord Africa e Medio Oriente -, affiancando alla laurea in Lingue e Comunicazione Internazionale una formazione in ambito digitale: siti web, SEO, digital advertising, web marketing.

Add Comment

Click here to post a comment