Con altre parole I Blog di Arabpress Iran

“Il giardino persiano” di Chiara Mezzalama

giardino persiano chiara mezzalama ev

girdino persiano chiara mezzalamaCome appare l’Iran della rivoluzione Khomeinista agli occhi di una bambina italiana di nove anni?

Ce lo racconta Chiara Mezzalama in questo suo primo romanzo autobiografico, nel quale descrive l’indimenticabile esperienza della sua prima estate in Iran, al seguito del padre nominato ambasciatore italiano a Teheran.

Lo sguardo della piccola Chiara si posa fin da subito con curiosità su un mondo diverso e distante da quell’Occidente da cui proviene. All’arrivo all’aeroporto internazionale Teheran Mehrabad, la nostra protagonista, con il fratellino e la madre, viene accolta da un caldo soffocante accompagnato da un odore non meglio definibile di sudore, cibo, sigarette. Un odore che, come scrive la protagonista, quando lo hai sentito una volta non lo dimentichi più.

Ma ciò che la piccola Chiara non dimenticherà non saranno solo gli odori, o le puzze come spesso le definisce, che la accompagneranno nelle piacevoli visite al bazar della capitale, quanto invece le scene di violenza alle quali inevitabilmente sarà costretta ad assistere percorrendo le strade di una Teheran ancora insanguinata dalla rivoluzione islamica voluta dall’ayatollah Khomeini e dalla guerra con l’Iraq.

E così, seppure mitigate dall’istinto di protezione dei genitori, arrivano le spiegazioni di quello che succede intorno a loro, bambini abituati a vivere nell’ovattato mondo di una borghesia benestante e spensierata. Lapidazione, shari’a, martirio, diventano parole piene di tristi significati, incomprensibili per le giovani menti dei nostri piccoli amici, ma che lasceranno un segno nella loro formazione personale. Così come le bombe che cadevano sulla città o i continui attentati che mietevano vittime fra coloro che non si erano piegati alle leggi della rivoluzione islamica.

Eppure con il passare dei giorni, in cui gli allegri giochi nel giardino della residenza si alternano alla tristezza per l’ennesima bomba caduta nelle vicinanze, Chiara si affeziona a questo posto misterioso, affascinante e pericoloso insieme. E soprattutto si affeziona al piccolo Massoud, un bambino che, veloce come una scimmietta, scavalca il muro di cinta della casa dell’ambasciatore per fare amicizia con lei. Negli scambi gestuali che sostituiscono la mancanza di una lingua in comune, i due bambini stringono una amicizia che sa di tenero e che rappresenta, nell’innocenza dell’infanzia, quella possibilità di dialogo che gli adulti troppo spesso smarriscono per le ragioni più varie.

L’autrice racconta questa sua avvincente esperienza, che la segnerà per la vita, con lo sguardo del bambino, di quel fanciullo che ognuno conserva dentro di sé e grazie al quale anche le situazioni più difficili e cruente possono apparire addolcite e sopportabili.