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Il futuro della Siria passa (anche) per il Cairo

di Marco Di Donato

Muhammad Morsi lo aveva preannunciato: l’Egitto è pronto a rivestire un nuovo ruolo regionale di primo piano. E’ andato al Vertice dei paesi non allineati esprimendo senza timore la propria posizione rilanciando il Cairo a livello internazionale dopo anni di assoluto silenzio. Non è un caso allora che la diplomazia egiziana sia oggi impegnata nella risoluzione della crisi siriana e che nei prossimi giorni il Cairo ospiterà un vertice fra esponenti sauditi, iraniani, turchi ed egiziani al fine di mediare fra le diverse posizioni presenti. L’Iran avrebbe chiesto anche la presenza di iracheni senza tuttavia che al momento attuale vi sia ancora conferma di una delegazione proveniente da Baghdad. Evidentemente Teheran sente la posizione di minoranza e potrebbe star tentando di portare almeno un altro alleato al tavolo delle trattative per controbilanciare la partecipazione di Ankara e Riyadh.

Morsi ha dunque convocato un meeting di estrema importanza che non racchiude solo le forze favorevoli ad un regime change a Damasco, ma anche quanti come l’Iran non accettano che Bashar al-Asad possa cedere i propri poteri ad altri soggetti. Se il Cairo vuole tornare ad essere il centro della diplomazia medio orientale quale occasione migliore di quella siriana? Quale migliore occasione di presentarsi come un attore credibile, l’unico oggi forse in grado di far sedere allo stesso tavolo l’ambasciatore turco in Siria Omer Onhon e il vice ministro degli esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian? La sfida è lanciata.

Morsi e la sua squadra di diplomatici hanno il forse impossibile compito di far conciliare posizioni ed obiettivi fino ad oggi assolutamente non convergenti. Indipendentemente dal risultato finale, Morsi ha già comunque raggiunto un primo obiettivo: riportare il Cairo al centro del Vicino e Medio Oriente. Ora si attendono solo i risultati pratici ed effettivi dell’ambiziosa linea politica del nuovo presidente egiziano.