Politica Zoom

Il difficile equilibrio della Turchia

Assafir (19/01/2012). Traduzione di Viviana Schiavo.

Non c’è dubbio che il cambiamento di rotta turco nei rapporti con la Siria è costato molto ad Ankara per quanto riguarda la sua relazione con l’Iran, principale sostenitore del regime del presidente Bashar Al-Assad. Questa era la relazione che la Turchia desiderava proteggere, come parte della politica «zero problemi con i vicini», creata dal ministro degli esteri Ahmet Davutoglu.È opportuno notare che, pochi mesi prima, molti politici americani avevano espresso il loro disappunto nei confronti di ciò che consideravano un «tradimento» da parte della Turchia, ritenendo che il dirigersi della politica estera turca verso il Medio Oriente musulmano e il conseguente allontanamento dall’occidente riflettessero il deterioramento delle relazioni turco-israeliane e il miglioramento di quelle con l’Iran e la Siria. Così come molti dei decision makers della politica americana, che non sanno distinguere tra le relazioni turco-israeliane e quelle turco-americane, hanno interpretato la condanna di Erdogan dell’assedio israeliano di Gaza come un tentativo di avvicinarsi ai vicini arabi a spese delle relazioni della Turchia, non solo con Israele ma anche con l’occidente. Anche lo sforzo turco di mediare tra le grandi potenze occidentali e l’Iran per quanto riguarda i depositi di uranio iraniani, non ha ottenuto la considerazione dell’occidente. Inoltre, nel consiglio di sicurezza, la Turchia ha votato contro l’ordine di sanzioni aggiuntive per l’Iran e quest’atto è stato ingiustamente considerato una prova della costruzione, da parte delle Turchia, di una politica estera islamica.Tuttavia, l’improvviso cambiamento della posizione turca verso la Siria e la adesione del paese alle grandi potenze occidentali, dipende da due cause: innanzitutto il partito al potere Giustizia e Sviluppo (AKP) non voleva dare l’impressione di essere contro la democrazia in Siria; in secondo luogo il governo di Erdogan ha cercato di garantire i propri interessi futuri in Siria, data la sua importanza strategica per la Turchia, anche se questo significa mettere a rischio i rapporti con l’Iran. Inoltre, si è aggravato il risentimento dell’Iran dopo la recente decisione presa dalla Turchia di creare un sistema di allarme preventivo anti-missili nell’est del paese, atto che è stato considerato dall’Iran come un gesto ostile che favorisce Israele. Queste tensioni Irano-turche riflettono, in realtà, numerose verità, le più importanti delle quali sono che la primavera araba ha svelato il conflitto latente tra i due paesi per l’influenza sul Medio Oriente e sul mondo arabo e che lo spostamento della Turchia verso oriente non si ispirava all’ideologia o alla religione, ma dipendeva da calcoli geopolitici ed economici. In più, la Turchia ha guadagnato molto dalle sue relazioni strategiche con la NATO e, in modo specifico, con gli Stati Uniti, e sarebbe illogico sprecare questi guadagni in cambio di conquiste incerte nelle sue relazioni con l’Iran. Tutto ciò non significa che la Turchia tornerà al suo tradizionale sostegno degli Stati Uniti e dei suoi alleati, che è nato durante la guerra fredda ed è continuato nel secolo successivo alla sua fine, ma significa che il governo turco si impegna strategicamente per l’indipendenza della Turchia ed a muoversi attivamente in Medio Oriente. Però, allo stesso tempo, deve essere consapevole che tali politiche non devono essere a spese delle sue relazioni con la NATO e gli Stati Uniti. È chiaro che oggi la leadership turca affronta numerose difficoltà nel mantenere buone relazioni con l’occidente da una parte e con i suoi vicini musulmani dall’altra.