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Il “Decretum de Islamicus” di Papa Francesco

AP Photo/Alessandra Tarantino
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di Jonathan Laurence (Brookings UpFront 05/08/2013). Traduzione di Claudia Avolio.

Rispetto alle sue recenti dichiarazioni sui gay cattolici, poca eco ha fatto seguito al messaggio personale rivolto lo scorso fine settimana da Papa Francesco ai musulmani che avrebbero poi celebrato la fine del Ramadan. Francesco ha espresso la sua “stima ed amicizia”, mostrando che – oltre alla sua riluttanza nel giudicare i credenti omosessuali – si trova anche più a suo agio del suo predecessore circa la minaccia che la fede islamica rappresenta per il cattolicesimo romano.

Il prossimo anno segnerà il quarantesimo anniversario della Commissione Vaticana per i Rapporti con l’Islam. A quei tempi, la città del Vaticano era uno dei tanti Stati europei protesi verso il mondo islamico per mitigare l’embargo petrolifero dei Paesi dell’OPEC verso i consumatori occidentali. Ora, in un contesto di guerre civili in fermento che minacciano le restanti minoranze cristiane in Medio Oriente, Francesco sta cercando di evitare una guerra religiosa.

I diversi gesti di Papa Francesco verso i musulmani contrastano di netto con l’approccio di Benedetto XVI alle questioni cristiano-musulmane. Francesco si è impegnato con le comunità islamiche sin dalle sue prime parole di papa, e uno dei suoi primi atti pubblici è stato il rito nel quale ha lavato i piedi di due giovani musulmani in un centro di detenzione giovanile. Il papa tedesco non ha mai recuperato del tutto dopo quel precoce passo falso di Regensburg, in cui evocò le parole di un imperatore bizantino sul “malvagio ed inumano” Profeta Mohammad incline al proselitismo violento. Queste non erano le sue intenzioni, disse in seguito, ma fu una visione che pubblicizzò lo stesso ampiamente senza mai superarla.

Papa Francesco, il cui santo italiano omonimo di Assisi una volta incontrò un sultano egiziano, sta riportando in auge un approccio pragmatico al mondo islamico. La sua apertura segna la terza spinta della Chiesa al dialogo interreligioso in cinquant’anni. All’inizio degli anni ’60, Giovanni XXIII ripudiò i testi relativi agli ebrei erranti, fece una visita di Stato in Israele, ed emise un’importante dichiarazione sui non-cristiani (Nostra Aetate – la cui prima bozza era chiamata il Decreto Sugli Ebrei o Decretum de Judaeis). Stabilì inoltre il Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

Nel 1974 Paolo VI diede la sua personale approvazione al governo italiano per consentire alla più grande moschea d’Europa di venir costruita nella periferia di Roma. Avviò poi un riavvicinamento diplomatico con l’Arabia Saudita e creò la Commissione Vaticana per i Rapporti con l’Islam all’interno del Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Giovanni Paolo II proseguì su questa via facendo ammenda con le comunità ebraiche, anche se cambiò lo scopo del Consiglio dal “dialogo interreligioso” ai “rapporti coi non-cristiani”.

Nell’ambito dell’embargo petrolifero e della profonda recessione degli anni ’70, il Vaticano non stava solo aprendo un dialogo storico. Stava puntando a costi energetici minori come ogni altro Stato europeo. Il nuovo presidente francese Giscard d’Estaing fondò allora l’Institut du Monde Arabe sulla Rive Gauche di Parigi. I membri della Comunità Europea inaugurarono con una cerimonia il Dialogo Euro-Arabo – assemblea diplomatica e parlamentare per la promozione di legami commerciali e culturali. Un diplomatico statunitense scrisse ai suoi che durante la visita saudita, i funzionari del Vaticano “non scaldarono le stanze in cui il Papa avrebbe ricevuto la delegazione per dimostrare che perfino il Vaticano stava risentendo dei rincari nei prezzi del petrolio”.

Dal momento che i Paesi arabi produttori di petrolio sono stati i primi a sferrare l’ “arma petrolifera” durante l’embargo, la paura di estremismo religioso e alti prezzi energetici hanno continuato a guidare la politica estera europea. Ma oggi la sicurezza delle minoranze cristiane rischia di riemergere con una vendetta. Nella Turchia odierna, i discendenti dell’Impero Ottomano continuano a convertire le storiche chiese bizantine in moschee. Lo status delle minoranze cristiane nel mondo islamico potrebbe infiammarsi in Egitto, dove i copti si sono schierati contro il regime islamista nel recente coup militare. La divisione europea circa il prendere parte nel conflitto civile siriano si basa in parte sul valutare come l’uscita di scena da parte di Assad metterebbe in pericolo le grandi minoranze cristiane nel Paese.

C’è stata qualche risposta positiva ai gesti di Francesco. I funzionari delle questioni religiose nel governo del deposto presidente egiziano Morsi hanno accolto le parole del nuovo papa. E quando il re saudita ha mandato il suo inviato con un messaggio di benvenuto, questo comprendeva anche una deroga per i cattolici affinché praticassero in forma privata la propria fede in Arabia Saudita e la promessa di porre fine alle vessazioni religiose da loro subite.

Tuttavia Francesco, con le sue aperture, ha dato fastidio ad alcuni cattolici tradizionalisti. Un famoso convertito che era giunto in Italia da musulmano emigrando dall’Egitto e battezzato da Papa Benedetto XVI in persona ha rinunciato alla sua fede come gesto di sdegno per l’apertura del papa argentino verso l’Islam. In maggio, quando Francesco ha beatificato Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, ha anche canonizzato gli 800 martiri di Otranto, nell’Italia meridionale, la cui esecuzione avvenne per mano degli invasori ottomani nel 1480 per essersi rifiutati di convertirsi all’Islam. Mentre Francesco ha lodato la forza e la fede dei martiri, la decisione di onorarli era stata presa in precedenza da Benedetto, come ultimo atto prima di annunciare le sue dimissioni.

Il messaggio legato al Ramadan è stato il primo comunicato di questa natura sancito personalmente da un papa in più di vent’anni: prima di lui Giovanni Paolo II si protese verso i musulmani dopo la prima Guerra del Golfo. Quel conflitto segnò l’inizio di due decenni di conflitto militare aperto tra i Paesi a maggioranza musulmana e gli alleati occidentali. Dal Risveglio Arabo, tale conflitto si è ritorto verso l’interno trasformandosi via via in guerra civile.

L’eredità politica di Giovanni Paolo II è stata quella di combattere il comunismo, mentre Benedetto XVI ha intrapreso una battaglia contro il relativismo secolarista. Ora che il conflitto religioso attraversa il Medio Oriente, Francesco è ansioso di porre fine al dissidio con l’Islam del suo predecessore in modo da evitare che guerre religiose potenzialmente catastrofiche fermentino nel Mediterraneo.

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Claudia Avolio

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