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Il cammino egiziano e il fermento dell’occidente

Di Randa Taqy Addin. Al-Hayat  (17/07/13). Traduzione di Maryem Zayr.

L’agitazione dell’Occidente e della comunità internazionale su ciò che sta accadendo in Egitto ci riporta al 1992, quando l’esercito algerino aveva fermato il processo elettorale in Algeria: quelle elezioni, se si fossero svolte, avrebbero portato alla vittoria del Fronte islamico di salvezza (Fis).

L’intervento dei militari in Egitto è stato richiesto dalla maggior parte degli egiziani scesi nelle strade per chiedere miglioramenti delle condizioni economiche e maggior libertà e democrazia, nonché la rimozione di Morsi, definito un presidente fallito.

Morsi aveva optato per il dominio dei Fratelli Musulmani in tutti i settori. Il fermento dell’occidente e l’affermazione che “bisognerebbe continuare il processo elettorale democratico in Egitto”, è dovuto dal timore della presa di potere da parte dell’esercito per controllare il paese. Ciò significa che anche la dittatura militare allontana l’Egitto dal processo democratico. Allo stesso tempo, non vi è dubbio che l’Occidente abbia favorito la caduta dei Fratelli musulmani, date le preoccupazioni dimostrate da parte di molti paesi occidentali verso un governo islamista in Egitto. Questo è stato evidente durante la breve presidenza Morsi , verso cui i leader di molti paesi non avevano mostrato una grande accoglienza e simpatia.

La sfida più grande per il prossimo governo e il suo presidente di transizione è quella di cercare di migliorare la situazione economica in Egitto, che dovrebbe essere tra le priorità, così come la sicurezza del paese: le dichiarazioni del Fondo Monetario Internazionale indicano che le condizioni economiche in Egitto sono peggiorate progressivamente dopo la rivoluzione del 2011, che ha portato a maggiori tensioni nella società egiziana. Il continuo deterioramento della sicurezza ha fermato inoltre gli investimenti nel paese. Morsi era riluttante a raggiungere un accordo con il Fondo Monetario Internazionale prima delle elezioni legislative, perché ciò avrebbe portato a nuove riforme e aumenti delle imposte. Le riforme imposte dal FMI richiedono consensi politici che non erano possibili con Morsi.

Il governo di transizione ed il nuovo presidente hanno un compito importante nel proporre un piano economico convincente per lo sviluppo del paese, sicuramente una sfida difficile, soprattutto in questo clima di tensioni e caos dovuti alla caduta dei Fratelli Musulmani. È difficile riuscire a migliorare la situazione dell’economia egiziana nonstante il vice presidente Mohamed ElBaradei sia molto stimato a livello internazionale e siano efficienti le strategie proposte per affrontare i rapporti esteri e la crisi economica del paese. Per non parlare del ministro degli Esteri egiziano Nabil Fahmy, figura diplomatica rassicurante per la comunità internazionale, in particolare negli Stati Uniti dove ha lavorato a lungo come brillante ambasciatore. Il compito di questo governo di transizione è enorme, perché la sfida è grande e la sicurezza è la base per migliorare l’economia. L’esercito ha il compito di rispettare i diritti umani anche se risulterebbe difficile dato il contesto dittatoriale in cui si era sviluppato.

L’Occidente e la comunità internazionale dovrebbero incoraggiare la nuova leadership di transizione in Egitto e fornire i giusti sostegni per migliorare l’economia e attrarre gli investimenti stranieri, favorendo il ritorno del turismo.