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I pro e i contro della tregua in Siria

Siria anniversario

Di Suha al-Jundi. Elaph (26/02/2016). Traduzione di Maddalena Goi.

La maggior parte degli arabi si augura che venga emarginata al più presto la ferita della crisi siriana, una piaga che dura ormai da più di cinque anni e per cui nessuno ha mai ordinato l’arresto.

La tregua imposta dalle Nazioni Unite nel 2012 è fallita in poche ore. Recentemente, Stati Uniti e Russia si sono accordati per chiedere la cessazione delle ostilità e imporre una tregua. Tutti sanno che la Nato appoggia la rivoluzione siriana ed è stata in procinto di prendere parte al conflitto, ma si è poi ritirata per evitare di innescare una guerra mondiale. Ma allora chi è il vinto e il vincitore in questa lotta che sta consumando tutte le parti coinvolte?

Per prima cosa, non si sono verificate le circostanze ricercate dalle potenze occidentali e la Nato non ce l’ha fatta a rovesciare il regime come è successo in Iraq o Libia. La Siria è diventata un’arena di bombardamenti indiscriminati dove sono stati uccisi più civili che combattenti. In seconda analisi, le forze iraniane e russe hanno fatto il loro ingresso sul campo di battaglia ma l’opposizione moderata e i mujaheddin non sono stati in grado di affrontarle tecnologicamente.

Terza cosa, l’equilibrio militare tende ora più verso le forze del regime e quelle russo-iraniane che hanno ottenuto discrete vittorie e sono sul punto di risolvere la guerra, forse in meno di un anno. Gli Stati Uniti si sono resi conto di questo fatto e non vogliono ripetere lo scenario iracheno né sono disposti a perdere uno solo dei loro soldati né tanto meno confrontarsi con la Russia e i suoi alleati.

D’altro canto, tutti i diversi fronti che hanno appoggiato non hanno dato alcun profitto. Di fronte a questa situazione, la diplomazia americana si è mossa facendo accordi con la Russia e l’Iran sulla necessità di imporre una tregua, e poi negoziare la distribuzione dei guadagni e soddisfare la parte russo-americana. Possiamo immaginare la soddisfazione di entrambe le parti: ognuno ha infatti interessi che cerca di mantenere, sia basi militari, oleodotti, attività economiche sia società di investimento o sfere di influenza. Questo è ciò che appagherà ognuna delle parti in gioco dopo di che non ci sarà più spargimento di sangue o perdite umane. Questa è la chiara conseguenza dei combattimenti, ma allora perché sempre più siriani vengono uccisi e sono costretti a fuggire?

È davvero un peccato che la storia continui a ripetersi e che gli arabi rimangano a prendere decisioni, sia che Bashar al-Assad resti o che se ne vada. C’è una bestia feroce che vuole impossessarsi della Siria, ma siamo chiamati a sperare che l’Iran, che è intervenuto in Siria, eliminerà Israele proprio come sostiene da anni.

Suha al-Jundi è una giornalista di Elaph.

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