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I missili delle milizie minacciano le compagnie petrolifere straniere in Iraq

L’escalation di eventi culminata con l’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani e del leader delle Forze di Mobilitazione Popolare (PMF) Abu Mahdi al-Mohandis a Baghdad, ha reso pericolosa la situazione per i lavoratori stranieri in Iraq.

di Zaid Salem  al-Araby al-Jadeed (08/01/2020)   Traduzione e sintesi di Dario Giustini

In Iraq, le spese statali sono finanziate al 95% dalle entrate del petrolio. Malgrado i tentativi di allontanarsi dai calcoli politici, ad ogni conflitto le compagnie petrolifere occidentali, in particolare americane, vivono sulla linea della crisi. E spesso dall’altra parte ci sono minacciose milizie filoiraniane. Recentemente, la compagnia americana Chevron Corporation (che produce meno di 200 mila bdp) ha annunciato di aver richiamato i propri dipendenti stranieri in territorio curdo per precauzione. Anche altre compagnie petrolifere hanno ritirato parte dei loro dipendenti dal sud dell’Iraq a causa dell’accerchiamento prolungato agli stabilimenti da parte dei sostenitori delle PMF. A Bassora, presso la compagnia Exxon Mobil, elementi delle PMF protestano sventolando bandiere che condannano l’uccisione di Soleimani e al-Muhandis. I manifestanti, secondo i media iracheni, intimano agli operai che “i loro capi hanno ucciso, e gli americani devono andarsene dall’Iraq”.

Il governo della Corea del Sud ha già annunciato che aumenterà la protezione dei circa 1900 sudcoreani in Iraq e Iran, prevedendo l’eventualità di un’evacuazione dei coreani dalla Mesopotamia in caso di un peggioramento della crisi irachena. Per le Filippine, il presidente Duterte ha ordinato all’esercito di tenere pronti navi e aerei per il soccorso degli operai filippini presenti in Iraq e Iran, stimati essere più di settemila. Una personalità all’interno del Ministero Iracheno del petrolio ha rivelato che il PM al-Mahdi ha incontrato recentemente il ministro del petrolio al-Ghadhban per concordare sull’importanza di allontanare le fazioni armate dagli stabilimenti petroliferi e dai loro operai. Al-Mahdi aveva già promesso ordini personali contro le fazioni e le PMF, tuttavia il giorno successivo alla riunione erano scoppiate proteste a Bassora e le compagnie petrolifere americane erano state circondate. La perdita degli operai stranieri e il mancato indennizzo per i lavoratori locali causeranno problemi alle compagnie, ma l’attuale governo iracheno non ha poteri e resta in carica per una semplice conduzione degli affari.

Il funzionario ritiene improbabile che le milizie mirino indiscriminatamente agli interessi americani in Iraq. Oltre agli obiettivi militari legati alla presenza nelle basi diffuse a Baghdad e nel nord del paese, puntare agli operai è un ‘piano B’ per fare pressione ai governi stranieri, in particolare Washington, affinché ritirino le loro forze. Informazioni ricevute al ministero e alla commissione del petrolio avvertono che alcune milizie, tra cui al-Nujaba, Said Shuhada e Hezbollah hanno pianificato nei giorni scorsi il rapimento di operai stranieri nel settore dell’energia. Il capo del governo è già stato informato, ed ha ordinato un aumento delle forze antiterroristiche per proteggere i campi nel sud del paese. Le recenti rassicurazioni del governo non placano i timori delle compagnie nel settore dell’energia, che hanno spostato molti dipendenti negli Emirati e in Giordania prevedendo ritorsioni da parte delle fazioni armate. Per Amer al-Fayez, membro della Camera dei rappresentanti per l’Alleanza Fatah (sostenuta dall’Iran), “il governo iracheno vieta qualsiasi attacco alle compagnie straniere nel paese, specialmente quelle legate al settore petrolifero e energetico”. Dopo aver spiegato che la situazione pubblica in Iraq è agitata, ci sono dimostrazioni in ogni strato della società. In piazza Tahrir a Baghdad, e altre città del centro e del sud, i giovani chiedono l’espulsione dei lavoratori stranieri, assunzioni più eque e uno scambio di stranieri con locali. I ministeri ci stanno lavorando da un mese, accompagnati dalle proteste delle PMF che rifiutano ogni presenza straniera sul suolo iracheno, soprattutto dopo l’uccisione di Soleimani e al-Mohandis. Al-Fayez precisa: “Non c’è un rischio diretto per le proprietà pubbliche e le società, piuttosto una situazione di rabbia difficile da controllare”. Ghanem al-Mansouri, funzionario locale a Bassora, ha dichiarato che “per vendicare Soleimani e al-Mohandis, le fazioni armate vorrebbero colpire gli interessi americani, tra cui le compagnie petrolifere, perché le considerano parte del degrado dell’Iraq e responsabili del furto delle sue ricchezze. Tuttavia questa narrazione è rifiutata dal governo e dai vertici delle PMF, più concentrati sulle basi militari e gli aerei di guerra”. Secondo al-Mansouri, “colpire le compagnie petrolifere peserebbe molto sull’economia irachena, basata interamente sul petrolio. Né il governo né le tribù del sud permetteranno che le compagnie vengano prese di mira; quanto al ritiro degli operai da certe compagnie, è una precauzione necessaria fino a quando la situazione si calmerà”. Alcuni capi delle milizie, stando a dichiarazioni precedenti, ritengono che le attività delle compagnie petrolifere in Iraq non si limitano all’estrazione e all’esportazione di petrolio, ma anche a operazioni di spionaggio sul paese, le sue forze e la sua sicurezza.

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