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Golfo, nel mezzo della tempesta

GCC-map

GCC-mapdi Ali Ibrahim (Asharq AlAwsat 25/12/2012). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

 

Si stima che il prodotto interno lordo dei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) potrebbe raggiungere 1500 miliardi di dollari nel 2013, se i prezzi del petrolio rimanessero di 100 dollari a barile. Cifre simili danno un quadro chiaro del fatto che stiamo parlando di una forza economica con cui fare i conti a livello internazionale, oltre che per gli standard regionali. Il Consiglio di Cooperazione del Golfo ha tenuto il suo 33mo summit a Manama ed è un’organizzazione che si è sempre concentrata sull’integrazione economica regionale e sull’apertura di mercato in linea con ciò che abbiamo visto in Europa.

 

La marcia del CCG ha attraversato un periodo di volubilità, forse come risultato di una grave decrescita nei prezzi del petrolio su cui le economie del Golfo facevano affidamento – soprattutto negli anni ’80 – per non parlare delle diverse crisi finanziarie nel mondo. Inoltre ci sono le fluttuazioni nell’economia globale che hanno avuto ripercussioni sia negative che positive su tutte le economie legate al mercato globale. Tuttavia, queste ultime sono state di recente positive e i cittadini dei 6 Paesi del CCG ne hanno beneficiato in termini di movimento, lavoro e investimento. I mercati e le economie del CCG si sono espansi e sviluppati al punto che ora hanno a che fare con cifre che toccano decine di miliardi di dollari al giorno.

 

Politicamente, le tempeste hanno infuriato, e questo in una regione turbolenta che è sempre stata assalita dalle crisi. Infatti, l’istituzione del CCG nel 1981 ha avuto luogo nel bel mezzo della guerra tra Iran e Iraq, che di per sé è stata accompagnata dalla cosiddetta guerra delle petroliere del Golfo. Poi abbiamo assistito alla minaccia più grave – l’invasione irachena del Kuwait – seguita dalla guerra per liberare il Paese. Nel 2003 è stata la volta della seconda guerra in Iraq, insieme a numerose altre crisi regionali in un contesto militare, che si tratti di Gaza, Libano o Yemen. Per non parlare della minaccia terroristica, soprattutto dopo gli attacchi dell’11 settembre.

 

L’ultima tempesta politica è l’ondata di cambiamento vissuta in alcuni Stati arabi, con ripercussioni in termini di caos e instabilità, mentre le violenze continuano in Siria e l’Iran cerca di sfruttare tali fluttuazioni ed eventi per servire l’agenda regionale di Tehran. Non sarà certo la prima tempesta con cui i Paesi del CCG si trovano a convivere. Tuttavia la natura di tale crisi rappresenta una sfida diversa alla luce dello stato fluido che si è creato nella regione. Senza dubbio, i progetti discussi dal summit del CCG per raggiungere una Unione Economica del Golfo – come preludio all’istituzione di una moneta unica e di una policy unificata sulla sicurezza – metteranno i 6 Paesi membri in una posizione migliore per influenzare in positivo i loro vicini, ed assistere la regione perché passi incolume attraverso questa tempesta col minor danno possibile.

 

Link: The Gulf: In the midts of the storm