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Gli arabi tre anni dopo Bouazizi

Zoom khoury arabi 2Di Rami G. Khoury. The Daily Star Lebanon (18/12/2013). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

Nella vita ho imparato che, quando si ha un problema stressante da affrontare o da superare, si dovrebbe ricorrere a una di queste tre opzioni: fare un sonnellino, sentire della musica oppure semplicemente aspettare che passi un po’ di tempo.

Quest’ultima opzione è particolarmente utile quando si cerca di capire il significato degli sviluppi politici attuali, come ad esempio l’anniversario dell’immolazione del tunisino Mohammad Bouazizi, ricorso questa settimana. Il fatto che siano passati tre anni ci permette di capire meglio cosa sta succedendo nella regione in modo più chiaro rispetto al dicembre 2010.

Quando Bouazizi si è dato fuoco nella cittadina di Sidi Bouzid il 17 dicembre di tre anni fa, il suo atto spontaneo esprimeva una protesta e una ribellione che è subito risuonata in tutto il mondo arabo. Ha scatenato una serie di manifestazioni e rivoluzioni a catena che hanno preso la forma di guerre e caos in alcuni Paesi, di lente trasformazioni costituzionali in altri.

Nei prossimi anni, ci saranno sicuramente altri sviluppi drammatici e imprevedibili. Tuttavia, per ora, ecco la mia valutazione di come apprezzare ciò che è accaduto nel mondo arabo negli ultimi tre anni.

Per prima cosa, il lento ed erratico progresso verso sistemi più democratici in diversi Paesi arabi indica che questo rimane l’obiettivo in gran parte della regione, ma anche che stiamo affrontando qualcosa che va al di là della mera transizione di governo, come quella della Spagna post-franchista.

Secondo, sembra ora chiaro che la democratizzazione è solo uno degli aspetti di una trasformazione storica ben più ampia che sta operando in maniera diversa in tutta la regione e che è fortemente correlata a due dei concetti basilari della vita nazionale: quello di Stato arabo moderno e quello di cittadinanza. Gli arabi stanno finalmente trovando il loro posto nella storia mondiale, dopo un secolo di assenza dovuta alla presenza delle potenze coloniali, prima, e delle dittature domestiche, poi.

Terzo, invece di trattarsi di rivoluzioni democratiche, come creduto tre anni fa, col senno di poi sembra chiaro che si tratti piuttosto del modo in cui uomini e donne stanno modellando e assicurando i loro diritti civili nel quadro delle loro identità settarie, etniche e tribali, oltre che in quello del loro proprio Stato.

Quarto, questo processo è stato caotico, erratico e spesso violento per quattro principali ragioni:

  • la brutalità della riposta militare di alcuni regimi arabi per poter rimanere al potere;
  • l’assoluta mancanza di esperienza in termini di pratiche democratiche nella regione araba;
  • la continua conferma da parte degli eserciti e delle autorità di sicurezza del loro diritto a governare;
  • l’ampia rete di interventi regionali e stranieri negli affari interni dei Paesi arabi in transizione, che hanno spesso trasformato questo processo in veri e propri conflitti.

Quindi, ciò che il mondo arabo sta passando è una complicatissima convergenza di dinamiche storiche di Stati storditi e di interventi post-coloniali e neo-imperialisti con le aspirazioni di milioni di cittadini che vogliono vivere in libertà, dignità e sicurezza in società che rispettino i loro diritti.

L’insieme di malattie, distorsioni, crimini e incompetenza della storia araba dell’ultimo secolo viene ora spazzato via per essere rimpiazzato da qualcosa di migliore in termini di governance, sviluppo, cittadinanza e Stato.

Per la prima volta in assoluto, questo processo potrebbe avvenire in base ai desideri dei cittadini stessi.

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