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Il gioco delle rondini: la guerra civile libanese attraverso gli occhi di una bambina

Di Juliane Metzker. Qantara.de (04/07/2014). Traduzione e sintesi di Laila Zuhra.

La libanese Zeina Abirached, cresciuta durante la guerra civile del suo Paese, con il fumetto “Il gioco delle rondini”, ci racconta il modo in cui la sua famiglia ha vissuto l’orrore di quel conflitto.

Zeina, avevi dieci anni quando la guerra civile libanese si è conclusa. Quand’è che hai deciso di raccontare la tua infanzia in un fumetto?

A guerra conclusa si parlava pochissimo di ciò che era veramente successo. Da studentessa mi accorsi che i manuali scolastici libanesi si ostinavano a non menzionare quei quindici anni del nostro passato, e così decisi di raccontarlo io attraverso un fumetto, realizzato grazie alle memorie di parenti e vicini di casa. Durante la guerra ero solo una bambina e non capivo quanto stesse accadendo, ma parlare con mia madre ha innescato un flusso incessante di ricordi, che poi ho approfondito e collegato tra loro con grande sforzo e difficoltà.

Da”Il gioco delle rondini” sappiamo che vivevi a Beirut Est con la famiglia; solo tre chilometri vi separavano dalla parte occidentale della città. In mezzo, la guerra. Quanto ti sembrava grande il mondo a quell’epoca?

Vivevamo in via Youssef Semaani, con un muro di sacchi di sabbia per proteggerci dagli spari. In quanto bambina, pensavo che Beirut finisse lì. Dopo la guerra attraversai la strada per la prima volta e mi trovai davanti a un graffito che recitava proprio “Il gioco delle rondini”. Solo tempo dopo capii che le rondini simboleggiavano il popolo vessato dalla guerra, sempre sospeso in aria, nell’incertezza, in attesa di giorni migliori.

Come mai hai deciso di utilizzare il bianco e nero come mezzo stilistico dominante?

Il bianco e nero è un elemento stilistico molto importante: permette di rappresentare la realtà in forma simbolica, rendendo immagini di violenza in modo più neutro. Non bisogna dimenticare che racconto la storia dal punto di vista di una bambina, e le cose che non ricordo, nel mio libro, sono simboleggiate da intere pagine nere.

In “Il gioco delle rondini” scrivi che la gente di Beirut si era abituata a vivere con la guerra. Il Libano tuttora è spesso scosso da scontri e disordini. Quanto ancora può sopportare il popolo libanese?

Noi libanesi abbiamo sviluppato una particolare capacità di adattamento in situazioni di crisi. Adattamento, però, non significa che ignoriamo la realtà e agiamo come se niente fosse accaduto. Al contrario, adattarsi significa anche combattere e resistere.

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