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Ginevra inconcludente, con o senza l’Iran

Di Elias Harfoush. Al-Hayat (21/01/2014). Traduzione e sintesi di Lia Brigida Marra.

Poco importa se la Conferenza di Ginevra si tenga o meno. Che Ban Ki-moon abbia sbagliato a invitarvi l’Iran o si sia trattato di un “passo falso” intenzionale, teso a far esplodere l’incontro ancor prima di essere convocato, l’esito di Ginevra II è chiaro: sarà una Conferenza inconcludente.

A chi sperava che l’incontro di Montreux avrebbe prodotto risoluzioni positive, il presidente Assad ha risposto emettendo anticipatamente le risoluzioni della Conferenza stessa: se siete andati a Ginevra per costituire un organo di governo transitorio con pieni poteri esecutivi, siete degli illusi. L’unico compito di questa Conferenza è eliminare il terrorismo. Quanto a voi, opposizione all’estero, siete mere marionette dell’intelligence e dei regimi stranieri, perciò non posso condividere il potere con voi. Quanto a me, il presidente “legittimo”, la questione delle dimissioni è assolutamente fuori discussione.

Poco importa discutere della presenza o assenza dell’Iran alla Conferenza di Ginevra. Non è questo il punto. Il punto è il ruolo che Teheran e Mosca possono svolgere per spingere il presidente Assad ad aprire la strada a una risoluzione pacifica, che risparmi alla Siria e alla regione ulteriori frammentazioni e catastrofi. Se la Russia e l’Iran fossero stati pronti a rivestire tale ruolo, Lavrov e Zarif non avrebbero parlato della necessità di escludere le “precondizioni” alla partecipazione a Ginevra II. L’accettazione della dichiarazione di Ginevra I, infatti, non costituisce una “precondizione”, ma piuttosto la base fondante dell’attuale Conferenza. Se non si parte dalla dichiarazione di Ginevra I, la convocazione di Ginevra II si tramuta in una perdita di tempo, tanto per ricordare ai siriani che il mondo non li ha dimenticati e che sono in corso sforzi internazionali per dare soluzione alla crisi siriana.

Se tale volontà internazionale fosse stata reale, le grandi potenze, che dicono di avere a cuore la sorte dei siriani, avrebbero affrontato la repressione perpetrata dal regime siriano e l’arroganza manifestata da Assad dinanzi agli occhi del mondo con lo stesso pugno di ferro riservatogli in occasione dell’attacco chimico di Ghouta, costato la vita ad almeno 1500 persone. Se tale volontà internazionale fosse stata reale, la crisi siriana sarebbe terminata da un pezzo e non ci sarebbe stato bisogno di conferenze per salvare i siriani da un regime dispotico.

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