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Gaza e Ramallah. Così vicine, così distanti

Zoom 17 nov Gaza Ramallahdi Ramzy Baroud. The Tripoli Post (10/11/2013). Traduzione e sintesi di Silvia Di Cesare.

La distanza tra Gaza e Ramallah è, chilometricamente parlando, irrisoria. Le due città però rappresentano due realtà politiche distanti anni luce l’una dall’altra.

Certamente Gaza e Ramallah sono sempre state diverse, che si guardi al dato demografico, topografico o della prossimità geografica ai diversi Stati arabi, i quali con le loro diverse prospettive economiche hanno influenzato notevolmente le due metropoli. In questi anni però il divario è profondamente incrementato.

Nonostante le molte carenze, in seguito all’occupazione israeliana del 1967, l’OLP era riuscito a riempire il vuoto della leadership palestinese, unificando le fila dei palestinesi a Ramallah, Gaza e di quelli in diaspora. Nonostante la corruzione endemica e le credenziali democratiche a dir poco questionabili, l’OLP ha fatto molto più che unificare la Palestina sotto dei comuni ideali politici: essa ha prodotto un discorso politico palestinese carico di riferimenti rivoluzionari, con un raggio di azione globale, pur mantenendo il suo radicamento alla terra di Palestina.

Vi era un tempo in cui un insegnante palestinese in Kuwait perseguiva gli stessi ideali di un rifugiato in Libano, di uno studente in Russia e di un operaio di Gaza. Quei tempi sono finiti e molti fattori hanno contribuito al fallimento del discorso collettivo palestinese.

A volte apertamente, a volte di nascosto, i rapporti che unificavano la società palestinese hanno iniziato a dissolversi. L’OLP è stata messa da parte in favore della sua copia localizzata, l’Autorità Nazionale; allo stesso tempo, gruppi come Hamas hanno allargato il loro seguito.

Pur rappresentando la resistenza all’arresa dell’ANP, questi gruppi mancavano però di un discorso politico completo e di un linguaggio comune. Essi si appellavano ad un mondo islamico che nella realtà non esiste come forza politica, finendo per ritrovarsi alle dipendenze di Stati arabi con confuse, ma sicuramente egoistiche, agende politiche.

Non è chiaro cosa Gaza e Ramallah abbiano ancora in comune. È evidente che queste due città parlano oramai lingue diverse, così come diverse sono le rimostranze e le aspettative politiche. A questo punto vanno poste delle domande audaci e difficili, senza però averne paura.

Quanto ancora il popolo palestinese riuscirà a sostenere il suo sentimento nazionale aldilà delle divisioni tribali, geografiche e faziose?

I palestinesi devono continuare a farsi sostenitori di un’appartenenza identitaria basata esclusivamente su un sentimento condiviso di ingiustizia indotto dall’occupazione israeliana, dall’Apartheid e dalla discriminazione?

La Palestina è più di una bandiera o di un inno nazionale, i palestinesi non sono uniti solo dalle loro affiliazioni politiche, dall’odio per i soldati israeliani e per i checkpoint. Né la leadership di Ramallah, né quella di Gaza sono in grado però di definire o rappresentare la vera identità palestinese, che si è sviluppata nel tempo e nello spazio.

La frammentazione della Palestina si intensificherà se non si riuscirà ad introdurre e a sostenere una terza via all’interno della società palestinese. Il nuovo percorso non dovrà però essere elitario, dovrà nascere dal basso, dalle strade di Gaza e Ramallah. Solo in quel caso queste due città potranno ritrovare, ancora una volta, il loro storico legame.

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