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Siamo entrati nell’era iraniana?

35° anniversario rivoluzione iran

Di Eyad Abu Shakra. Asharq al-Awsat (25/09/14). Traduzione e sintesi di Alessandra Cimarosti.

Alla luce degli ultimi sviluppi regionali, credo che sia lecito chiedersi se il Medio Oriente, o meglio gli Stati Uniti e la comunità internazionale dietro ad esso, abbiano una seria visione riguardo a come la situazione attuale possa evolversi.

Ciò che abbiamo visto nei giorni passati in Yemen, Iraq, Siria e Libano suggerisce che il Medio Oriente che conosciamo ha cessato di esistere e che siamo sulla soglia di un’era completamente diversa. Al di là dei discorsi e delle minacce, dobbiamo ammettere che è stata imposta sulla regione una certa agenda e che sta emergendo un nuovo balance of power. Negli ultimi 10 anni, dopo il terremoto causato dall’occupazione dell’Iraq, abbiamo assistito ad un cambiamento fondamentale delle dinamiche della regione, mentre invece, la retorica politica è rimasta la stessa.

Alcuni attori regionali hanno giocato un ruolo strano che oscilla tra un estremo entusiasmo nell’applicazione dell’ “Islam politico”, al fine di aumentare la propria legittimità, e un approccio secolare, completamente contraddittorio, che con i suoi slogan radicali e rivoluzionari cerca di sottolineare l’importanza di un cambiamento negli stati arabi del Golfo.

Nel frattempo un’atmosfera lassista e una tendenza all’auto-sicurezza hanno dominato la scena pubblica di numerosi Stati arabi. La gente ordinaria infatti, si è resa conto di avere una voce con la quale gridare e delle mani per innalzare manifesti per protestare. I sentimenti di rabbia, la povertà, la disoccupazione e la violazione dei diritti dei popoli sono stati trascurati dai regimi arabi che per rimanere al potere, non hanno mai esitato a distruggere qualsiasi alternativa moderata, civile o democratica. Questi regimi hanno messo le proprie società tra l’incudine e il martello: o li accettavano o avrebbero dovuto affrontare l’ignoto rappresentato dall’Islam politico radicale o dallo spauracchio di conflitti settari e regionali.

Sì, l’indulgenza e la passività hanno dominato il sistema politico arabo degli anni passati. E ciò è stato evidenziato in tre distinti incidenti: primo, l’egemonia dell’Iran sull’Iraq; secondo, lo sfruttamento della destra israeliana delle divisioni tra palestinesi al fine di spazzar via qualsiasi possibilità di raggiungimento di accordi riguardanti la causa palestinese; terzo, il fenomeno della comparsa dell’Islam politico in Turchia, Paese maggiormente laico.

La memoria della guerra Iraq-Iran è ancora fresca nel ricordo dei popoli nonostante il fatale errore di Saddam di aver occupato il Kuwait. Tale errore ha ridotto l’isolamento dell’Iran, riabilitandolo dopo la liberazione del Kuwait. L’Iran però, si è riabilitato con successo a livello internazionale, in particolare durante il mandato dell’ex presidente “moderato” Mohammed Khatami, dal 1997 al 2005. Questa faccia moderata artificiale ha aiutato Teheran ad accelerare il ritmo del suo programma nucleare e a consolidare la sua presenza organizzata nelle aree sciite del mondo arabo. L’influenza di Hezbollah, seguace del Corpo delle Guardie rivoluzionarie dell’Iran, è cresciuta dopo la ritirata di Israele dal sud del Libano, nel 2000. Gli attacchi dell’11 settembre 2001 hanno persuaso Bush ad invadere l’Iraq e a rovesciare il regno di Saddam, la cui alternativa era la corrente sciita, affiliata all’Iran. Il programma nucleare iraniano è parte del progetto politico strategico, in una regione che desidera realizzare il sogno di Mohammed Reza Shah Pahlavi, rendendo l’Iran il poliziotto del Medio Oriente, anche se di certo, in accordo con Washington e Tel Aviv.

Con l’inizio degli attacchi condotti dalla coalizione statunitense-araba contro Daish (conosciuto in Occidente come ISIS) e altri gruppi affiliati ad Al-Qaeda e dopo che la capitale yemenita è caduta nelle mani degli Houthi (che prendono ordini da Teheran), è tempo di riconsiderare l’identità e la composizione di questo “nuovo Medio Oriente”. I due vincitori principali sono Israele che non affronta più alcuna minaccia tangibile alla sua esistenza e l’Iran, la cui influenza si estende dal Mediterraneo, nel nord della regione, fino a Bab el-Mandeb.

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